* Testo della relazione al Convegno di Reggio Emilia (23 ottobre 2015) su «Le nuove procedure di composizione della crisi d'impresa».
1. Premessa. - 2. Gli accordi di ristrutturazione con “intermediari finanziari”. - 3. Segue. - 4. Le convenzioni di moratoria. - 5. Segue. - 6. Clausola di salvaguardia; profili penalistici. - 7. Conclusioni.
Fra le numerose novità recate, in materia di disciplina delle crisi delle imprese, dal d. l. n. 83/2015, una delle più rilevanti è costituita dall'introduzione di due peculiari ed "inedite" per il nostro ordinamento figure: i c.d. «accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari» e le c.d. «convenzioni di moratoria», entrambe regolate dal nuovo art. 182-septies. Si tratta di figure che hanno in comune molti tratti. Entrambe, infatti: - vedono come controparti del debitore banche e altri intermediari finanziari; - hanno o possono avere, a certe condizioni, un particolare effetto "esterno", nei confronti di soggetti terzi non aderenti agli accordi o convenzioni.. Entrambe, poi, da un lato, appaiono un ulteriore frutto della tendenza a dettare, in materia concorsuale, regolamentazioni speciali per le banche e le operazioni bancarie, una tendenza emersa fin dalla riforma del 2005; e, dall'altro, costituiscono espressione di una delle linee portanti della "miniriforma" di quest'anno, la linea volta alla limitazione, nei meccanismi di soluzione concertata delle crisi, degli spazi spettanti all'autonomia privata (soprattutto, come è ovvio, all'autonomia del debitore, ma anche, come in questo caso, all'autonomia dei creditori). Le due figure si differenziano in ciò che: - gli accordi con intermediari finanziari costituiscono una porzione degli accordi ex art. 182-bismentre le convenzioni di moratoria costituiscono intese autonome; - gli accordi con intermediari finanziari possono contenere qualunque meccanismo di ristrutturazione dei debiti, mentre le convenzioni hanno un contenuto fisso costituito dalla dilazione dei pagamenti. Debbo fin d'ora precisare, per completezza, che non è affatto sicuro che le due figure non si differenzino anche sotto il profilo del presupposto soggettivo dal lato del debitore, dal momento che, mentre per gli accordi di ristrutturazione vale il presupposto soggettivo indicato dall'art. 182-bis, l'essere cioè «un imprenditore in crisi», espressione a sua volta intesa come equivalente a quella usata dall'art. 1 l. fall., il co. 5 dell'art. 182-septies, a proposito della convenzione di moratoria parla genericamente di «impresa debitrice». Personalmente, sarei del parere di assimilare, sotto il profilo considerato, le due figure, palesemente riguardate dal legislatore come contigue: ma il [...]
Fatta questa doverosa premessa, vengo alla prima delle due figure, quella degli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari. A. Conviene cominciare con il delineare sinteticamente i contorni di tale figura e le regole destinate a governarla. a.Dal punto di vista della fattispecie, si tratta - diversamente da quanto sembrerebbe suggerire il preambolo del d.l. dove si menzionano «nuove tipologie di accordo di ristrutturazione del debito» - non già di un nuovo "tipo" o "sottotipo" dell'accordo di cui all'art. 182-bis, bensì - come ho già anticipato - di una semplice "componente" di quell'accordo, di cui è destinata a costituire porzione, come inequivocabilmente attesta, fra l'altro, l'inciso finale del primo co. dell'art. 182-septies per il quale, nel caso in cui la nuova disciplina entri in giuoco, «Restano fermi i diritti dei creditori diversi da banche e intermediari finanziari»; e come attestava l'inciso finale originariamente contenuto nel secondo co. dello stesso art. 182-septies, per il quale i creditori ai quali l'accordo venga esteso avrebbero dovuto essere calcolati nel 60% richiesto dall'art. 182-bis (inciso soppresso - per chissà quale ragione - in sede di conversione). Una componente o porzione dell'accordo diciamo "generale" ex art. 182-bis, la quale si connota - rispetto alle altre componenti di quell'accordo - unicamente in relazione alla qualità soggettiva delle controparti del debitore, che sono appunto banche e intermediari finanziari (d'ora in avanti, in breve, "creditori finanziari"), essendo allora destinata, in relazione a ciò, ad essere governata, in principio, dalle stesse regole che quell'accordo in generale reggono. Naturalmente, tutto questo non impedisce che l'accordo "generale" exart. 182-bispossa trovarsi, in concreto, a consistere proprio e solo in un accordo (o fascio di accordi) fra debitore e creditori finanziari, che vi possa cioè essere coincidenza fra la figura generale e quella particolare. In questo caso, però, l'accordo particolare deve rispondere esso, prima di tutto, alle condizioni poste dalla disposizione generale dell' art. 182-bis: Quindi, non potrà bastare che l'indebitamento verso creditori finanziari, ai sensi del primo comma dell'art. 182-septies, rappresenti più del 50% dell'indebitamento complessivo; ma occorrerà anche (e [...]
B) Alla luce di quanto fin qui visto i profili qualificanti della figura appaiono essere i seguenti: - il costituire, appunto, l'"accordo con gli intermediari finanziari" una porzione dell'accordo di cui all'art. 182-bis, di cui condivide natura, struttura ed effetti, potendo però, a certe condizioni, avere un'efficacia particolare, ulteriore e diversa rispetto a quella propria dell'accordo generale; - la necessaria classificazione dei creditori finanziari, nell'ambito dell'accordo generale, in "categorie" in base a posizioni giuridiche e interessi economici omogenei; - l'estensione degli effetti di quella porzione ai creditori finanziari non aderenti ma appartenenti alla stessa categoria degli aderenti, su richiesta del debitore e decisione del tribunale; - la subordinazione della decisione positiva del tribunale sulla richiesta del debitore ad una serie di condizioni (da un lato, la rilevanza quantitativa dei debiti finanziari e il rappresentare gli aderenti il 75% dei crediti della categoria; dall'altro, che tutti i creditori della categoria siano stati informati dell'avvio delle trattative e siano stati messi in condizioni di parteciparvi in buona fede; dall'altro ancora, che i creditori non aderenti destinatari possano risultare soddisfatti in base all'accordo in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili); - il potere dei creditori destinatari della richiesta di estensione di proporre opposizione. Ciascuno di questi profili prospetta nodi problematici non sempre di agevole soluzione. Non ho, ovviamente, la possibilità di trattare qui analiticamente di tutti questi nodi. Mi limiterò ad accennare ai più rilevanti. a. Quanto al primo profilo. - L'identità di natura e di struttura fra l'accordo specifico e l'accordo generale porta direttamente a ritenere che valgano, per il primo, esattamente le stesse regole generali che governano il secondo, in termini, specificamente, di non necessità del rispetto né dellapar condicioné del principio del soddisfacimento integrale dei creditori privilegiati. - La intima connessione del c.d. "accordo con gli intermediari finanziari" con la restante parte dell'accordo generale in cui si inserisce spiega, poi, perché la richiesta di estensione debba essere presentata insieme con il ricorso per l'omologazione dell'accordo generale e perché l'accertamento da [...]
Passiamo alle convenzioni di moratoria. A.Anche qui conviene iniziare con il delineare i contorni della figura e le regole destinate a governarla. a. Dal punto di vista della fattispecie, si tratta di un accordo, del tutto autonomo ed autosufficiente, che si caratterizza, come abbiamo già detto, - per la qualità soggettiva delle controparti del debitore, che debbono essere, anche qui, creditori finanziari; - per il contenuto, che deve consistere in una «moratoria temporanea dei crediti nei confronti» di quei creditori. In sostanza, dal punto di vista strutturale si tratta puramente e semplicemente di uno dei più antichi e noti strumenti di composizione extragiudiziale delle crisi, i c.d.pacta de non petendo ad tempus. b. Sul piano della disciplina, questo accordo è e resta governato, in generale, dalle regole del diritto comune. Analogamente a quanto si è visto per gli accordi di ristrutturazione di cui si è detto prima, una disciplina particolare "scatta" al verificarsi di certe condizioni, che sono quelle che già conosciamo: maggioranza qualificata degli aderenti, omogeneità di posizione giuridica e di interessi economici fra creditori aderenti e creditori non aderenti, ecc. Con riferimento proprio a queste condizioni, si prospetta immediatamente un problema: se anche nel contesto che stiamo considerando sia necessaria la classificazione dei creditori in categorie. I commi 5 e 6 dell'art. 182-septiesnon contengono alcun riferimento alle categorie. Da un lato, questo silenzio della legge (ma non della relazione governativa, che contiene un riferimento incidentale alle "classi" di creditori) e, dall'altro, la previsione secondo cui il professionista deve attestare «l'omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici fra i creditori interessati alla moratoria» inducono - a mio avviso - a ritenere che nel pensiero del legislatore, affinchè scatti la disciplina particolare, il gruppo dei creditori "coinvolti" dalla moratoria (quelli che la la legge definisce come "interessati" alla moratoria) e dalla relativa negoziazione debba in partenza essere composto da creditori omogenei, come, appunto, il professionista dovrà specificamente attestare ai fini dell'estensione. Ed è rispetto a questo gruppo che andrà ovviamente calcolata la maggioranza del 75%. Naturalmente tutto ciò non impedisce che possano [...]
B)Alla luce di quanto precede i profili qualificanti della figura paiono essere: - il costituire la convenzione moratoria un accordo negoziale di puro diritto privato, che può, a certe condizioni, avere un'efficacia particolare, ulteriore e diversa rispetto a quella propria di quel tipo di accordi; - l'estensione automatica degli effetti della convenzione ai creditori finanziari non aderenti aventi posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli dei creditori aderenti; - la subordinazione della estensione ad una serie di condizioni (il rappresentare gli aderenti il 75% dei crediti complessivamente coinvolti; l'attestazione di un esperto in ordine alla omogeneità di posizione giuridica e di interessi economici dei creditori destinatari dell'estensione rispetto ai creditori aderenti; la circostanza che tutti i creditori coinvolti siano stati informati dell'avvio delle trattative e siano stati messi in condizioni di parteciparvi in buona fede); - il potere dei creditori non aderenti di proporre opposizione avanti il tribunale per ottenere che la convenzione non produca effetti nei loro confronti. Al solito, ciascuno di questi profili prospetta nodi problematici, in molta parte comuni a quelli già visti parlando degli accordi di ristrutturazione. Mi limiterò, anche qui, ad accennare ai più rilevanti. a. Quanto al profilo dell'estensione. - L'estensione opera, come si è già sottolineato, automaticamente, senza necessità dell'intervento del giudice (il quale intervento può aversi successivamente, se viene proposta opposizione) e tale automaticità si traduce concretamente in ciò che i creditori finanziari non aderenti possono, una volta scaduti i loro crediti, vedersi opporre dal debitore la moratoria da altri concordata. Si pone però il dubbio se l'efficacia dell'estensione sia condizionata dalla comunicazione ai creditori non aderenti della convenzione e della relazione dell'esperto prevista dal co. 6 dell'art. 182-septies e dalla quale decorre il termine per l'opposizione. Sarei propenso a rispondere affermativamente. - Anche qui, l'intero meccanismo è funzionale all'estensione coattiva, nella quale, anche qui, sta l'essenza e la ragion d'essere della figura. Ovviamente, si ripropongono nei confronti delle convenzioni di moratoria i dubbi di costituzionalità prospettati con riguardo all'altra figura. - [...]
La regolamentazione delle due figure che stiamo considerando è completata da alcune disposizioni che le riguardano entrambe; e precisamente: - dall'ultimo co. del medesimo art. 182-septiesper il quale in nessun caso, per effetto degli accordi e delle convenzioni di cui abbiamo detto, «ai creditori non aderenti possono essere imposti l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti»; - dagli art. 236 e 236-bische sono stati riformulati, il primo estendendo la tutela penale originariamente prevista per il solo concordato preventivo (e per l'amministrazione controllata) anche alle due figure e, il secondo, estendendo il reato di falso in attestazioni e relazioni anche all'attestazione di cui all'art. 182-septies, co. 5. Molto vi sarebbe da dire in ordine a queste disposizioni. Mi limito ad osservare, quanto all'ultimo comma dell'art. 182-septies, che non è ben chiaro perché quella sorta di clausola di salvaguardia, senz'altro opportuna e forse doverosa nel caso degli accordi, sia stata estesa anche alle convenzioni di moratoria, le quali, potendo avere ad oggetto solo una dilazione temporanea dei pagamenti, risultano strutturalmente inidonee a contenere la previsione di nuove prestazioni, di nuovi affidamenti, ecc. E, quanto alle disposizioni penali, che l'assimilazione delle nostre due figure al concordato preventivo sembrerebbe dover poggiare - come è stato giustamente rilevato in dottrina - più che su una (inesistente) natura concorsuale dei due istituti (inconcepibile, oltretutto, per le convenzioni), sul comune utilizzo della regola maggioritaria: ed in questo senso va inteso il brano della già citata relazione al disegno di legge di conversione, dove si giustifica l'estensione della tutela penale agli accordi con «l'effetto parzialmente concordatario» di tali accordi.