Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeISSN 2282-667X
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Revoca "cautelare" e revoca "nel merito" dell'amministratore di s.r.l. (di Giuliana Scognamiglio)


L'articolo analizza la disciplina della domanda cautelare di revoca giudiziale dell'amministratore, che secondo la disciplina della società a responsabilità limitata, così come modificata dalla riforma organica del 2003, può essere proposta da ogni singolo socio. In particolare, viene esaminata criticamente la tesi della strumentalità del potere di instare per la revoca e del provvedimento cautelare di revoca eventualmente emesso dal tribunale rispetto all'azione sociale di responsabilità intentata dal socio avverso gli amministratori della s.r.l. La soluzione patrocinata dall'autrice è quella secondo la quale il legislatore avrebbe implicitamente riconosciuto il potere del socio, anche singolo, di ottenere altresì, sussistendone i presupposti, una decisione definitiva di merito in punto di revoca degli amministratori, sulla falsariga di quella ottenibile dal socio di una società di persone.

The article analyzes the discipline of the interim order of company directors' removal, which according to the discipline of limited liability companies, as amended by the comprehensive company law reform of 2003, may be brought by any individual company's member. In particular, the article examines critically the thesis according to which the removal of directors could be asked and obtained only as instrumental to the action for damages brought against the directors of Ltd. The author supports the different interpretation according to which the law implicitly acknowledges the faculty of each member of the company to obtain, given that the legal conditions exist, a final decision on the removal of directors, along the lines of that obtainable from a partner in a partnership.

* Il presente lavoro è stato destinato al Liber Amicorum Romano Vaccarella (Torino, UTET, 2014)

Sommario/Summary:

1. La riforma societaria del 2003-2004 ed i rimedi alle gravi irregolarità gestorie nella nuova s.r.l.: in particolare, la controversa questione della praticabilità, nella s.r.l., del rimedio disciplinato dall’art. 2409 c.c. - 2. Segue: la revoca giudiziale su iniziativa del singolo socio. - 3. La domanda cautelare di revoca degli amministratori di s.r.l.: gli effetti dell’accoglimento; la proponibilità ante causam. - 4. La controversa questione circa la “strumentalità” del provvedimento cautelare di revoca rispetto ad una (contestuale o successiva) azione di merito. - 5. La soluzione proposta: riconoscimento al socio di s.r.l. del potere di ottenere provvedimento di revoca nel merito degli amministratori, nel caso di gravi irregolarità gestionali, con eventuale proposizione della medesima domanda in sede cautelare. - 6. La possibile soluzione alternativa: la configurazione della revoca giudiziale dell’amministratore di s.r.l. come provvedimento sommario ovvero come un cautelare extra ordinem, privo del grado di merito. - 7. Sui presupposti della domanda cautelare di revoca; sulla partecipazione della società al procedimento. - NOTE


1. La riforma societaria del 2003-2004 ed i rimedi alle gravi irregolarità gestorie nella nuova s.r.l.: in particolare, la controversa questione della praticabilità, nella s.r.l., del rimedio disciplinato dall’art. 2409 c.c.

È noto che la "riforma organica" del diritto delle società di capitali (d. lgs. n. 6/2003, entrato in vigore il 1° gennaio 2004), di cui celebriamo quest'anno il decimo anniversario, ha modificato radicalmente, rispetto a quella previgente, dettata dal codice civile del 1942, la disciplina della società a responsabilità limitata, dando attuazione ai criteri di delega contenuti nella l. n. 366/2001, art.3. Fra le regole più significative della "nuova" s.r.l. vi è quella - contenuta nell'art. 2476, terzo comma, c.c., che attribuisce al singolo socio il diritto di promuovere domanda cautelare di revoca avverso gli amministratori in caso di gravi irregolarità nella gestione, prevedendo che, "in tal caso", l'accoglimento della domanda, dunque l'emissione del provvedimento di revoca, possa essere dal giudice subordinato alla prestazione di apposita cauzione. Secondo la relazione di accompagnamento del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la tutela riconosciuta al socio dall'art. 2476, terzo comma, c.c. avrebbe «reso sostanzialmente superflua ed in buona parte contraddittoria con il sistema la previsione di forme di intervento del giudice, quali quelle ora previste dall'art. 2409 c.c. Esse infatti sono sostanzialmente assorbite dalla legittimazione alla proposizione dell'azione sociale di responsabilità da parte di ogni socio e dalla possibilità di ottenere in quella sede provvedimenti cautelari come la revoca degli amministratori. La prospettiva è in sostanza quella di fornire ai soci uno strumento in grado di consentire ad essi di risolvere i conflitti interni alla società» (Relazione cit., n. 11). Nella prospettiva del legislatore storico, dunque, così come attestata dalla citata Relazione, la regola della legittimazione individuale all'azione sociale di responsabilità contro gli amministratori e quella della legittimazione, parimenti individuale, alla domanda giudiziale di revoca degli stessi, considerate nel loro insieme, sarebbero espressione della scelta, compiuta in occasione della riforma organica del diritto delle società di capitali, di affidare ai sopra menzionati strumenti la tutela degli interessi (dei soci e dei creditori sociali) nello specifico rilevanti; tutela da considerarsi equivalente e perciò alternativa a quella offerta dall'istituto della denuncia al tribunale di gravi irregolarità nella gestione, disciplinato [...]


2. Segue: la revoca giudiziale su iniziativa del singolo socio.

In ogni caso, il vigente diritto della società a responsabilità limitata attribuisce senza ombra di dubbio al singolo socio il potere di richiedere giudizialmente l'emissione di un provvedimento cautelare(secondo la testuale qualificazione data dal terzo comma dell'art. 2476) di revoca degli amministratori, nell'ipotesi di gravi irregolarità nella gestione dell'impresa sociale[7] e previo pagamento di un'apposita cauzione, per le spese[8] e per gli eventuali danni, se questa sia stata disposta dal giudice adito (nel qual caso il provvedimento cautelare, eventualmente concesso, perde efficacia se non venga versata la cauzione: art. 669-novies, terzo comma, c.p.c.). La novità, di grande rilievo sistematico[9], consiste: (i) nella previsione, fino ad oggi mancante nel diritto delle società di capitali, di una misura cautelare tipica (sebbene non manchino, come si ricorderà più avanti, opinioni inclini a collocare tale misura piuttosto nell'alveo dei provvedimenti di carattere sommario), diretta alla rimozione iussu iudicis dello o degli amministratori di s.r.l. dalla carica, e funzionale ad impedire il prolungarsi o il reiterarsi di comportamenti gestori illegittimi, nonché, eventualmente, di scongiurare l'aggravamento dei danni da questi cagionati. Tale previsione, si è ritenuto[10], elide, oggi, la possibilità del ricorso alla tutela cautelare atipica ex art. 700 c.p.c. (che è invece stato di recente ammesso per la revoca del trustee, non contemplando la disciplina del trust una disposizione di contenuto corrispondente a quella sulla revoca cautelare dell'amministratore di s.r.l.[11], nonché, per analoghe ragioni, per la revoca dell'amministratore di società di persone[12]); (ii) nell'attribuzione al singolo quotista del potere di interferire sul rapporto fra l'amministratore e la società, provocandone lo scioglimento, sia pure in via provvisoria e cautelare, nel caso in cui sussistano gravi irregolarità nella gestione. E' da ritenere che il suddetto potere, al pari di quelli, ad esso strettamente connessi e complementari, di compiere atti di ispezione e di controllo dei libri sociali e dei documenti inerenti all'amministrazione e di esercitare l'azione sociale di responsabilità, compete al socio di s.r.l. individualmente ed in maniera inderogabile: il che significa che il potere di instare, sussistendone il presupposto di [...]


3. La domanda cautelare di revoca degli amministratori di s.r.l.: gli effetti dell’accoglimento; la proponibilità ante causam.

3.1. La domanda del socio è diretta ad ottenere, secondo la testuale previsione dell'art. 2476, terzo comma, c.c. un «provvedimento cautelare di revoca degli amministratori»; tale provvedimento può riguardare uno o più amministratori o anche condurre alla "decapitazione" dell'intero organo amministrativo[13]. Si è posto quindi il problema se, per lo meno in quest'ultimo caso, il giudice, che accoglie l'istanza di revoca ed emette il relativo provvedimento, sia altresì competente alla nomina del o dei nuovi amministratori. Al riguardo, sembra prevalere la soluzione negativa[14], a favore della quale milita l'argomento secondo cui l'attribuzione al giudice di un potere così penetrante ed incisivo di sostituirsi ai soci, nell'esercizio di una prerogativa sicuramente riconducibile alla loro sfera di autonomia, abbisogna di una specifico appiglio nel diritto positivo, di cui non si rinviene traccia nella disciplina della s.r.l. (a differenza che nel procedimento disciplinato dall'art. 2409 c.c., nel quale peraltro all'amministratore di nomina giudiziaria sono affidati compiti  di carattere provvisorio, che si concludono con la convocazione dell'assemblea per la nomina dei nuovi amministratori). Saranno dunque, nella s.r.l., e salvi forse gli sporadici casi, contemplati dalle norme speciali sopra ricordate (§ 1), in cui l'art. 2409 viene dichiarato applicabile anche a società costituite secondo questo tipo,  i soci a dover rimpiazzare l'amministratore o gli amministratori revocati con provvedimento del giudice ai sensi della disposizione in esame, mediante la nomina di un nuovo o di più nuovi amministratori, secondo le regole e le modalità al riguardo previste nell'atto costitutivo o nello statuto. 3.2. Parimenti accreditata è la tesi secondo cui  il procedimento de quo, testualmente qualificato come cautelare, richiama l'applicazione della disciplina generale dettata dal libro IV, titolo I, capo III del codice di procedura civile, ed in particolare delle disposizioni in punto di forma della domanda (art. 669-bis), di competenza (artt. 669-tere 669-quater), di procedimento (art. 669-sexies), di provvedimento negativo (art. 669-septies), di revoca e modifica del provvedimento (art. 669-decies), di cauzione (art. 669-undecies), di reclamo (art. 669-terdecies)[15], nonché il principio, insito nella ricordata disciplina, della proponibilità [...]


4. La controversa questione circa la “strumentalità” del provvedimento cautelare di revoca rispetto ad una (contestuale o successiva) azione di merito.

Il problema segnalato alla fine del paragrafo precedente scaturisce, (i) da un lato, dal riferimento normativo alla naturacautelaredel provvedimento richiesto al (ed in ipotesi emesso dal) tribunale; riferimento che ha indotto la giurisprudenza teorica e pratica, già all'indomani dell'entrata in vigore della norma in esame, ad interrogarsi sull'esistenza di un rapporto di strumentalità fra tale iniziativa ed un successivo o contestuale giudizio di merito; (ii) dall'altro lato, dalla infelice collocazione della norma attributiva del potere di revoca cautelare dell'amministratore, la cui contiguità rispetto alla disposizione onde è regolata l'azione di responsabilità del socio avverso gli amministratori ha generato in molti il convincimento che il nesso di strumentalità intercorra specificamente fra la domanda cautelare di revoca e quest'ultima azione. A tale proposito conviene ricordare che, contemporaneamente alla riforma "organica" del diritto societario sostanziale (d.lgs. 6/2003), fu varata una importante riforma del diritto processuale, avente ad oggetto, in particolare, "i procedimenti in materia di diritto societario" e contenuta nel d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5. Ora, detto decreto dettava, agli artt. 23 e 24 (non più in vigore, in quanto abrogati con l. 18 giugno 2009, n. 69), una peculiare disciplina del procedimento e dei provvedimenti cautelari; disciplina che, successivamente (con d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. in l. 14 maggio 2005, n. 80), era stata trasfusa nel codice di procedura civile e resa perciò applicabile ai procedimenti cautelari in generale, e non solo a quelli inerenti alla materia societaria ed alle altre (bancaria, creditizia e dell'amministrazione finanziaria) contemplate originariamente dal d. lgs. 5/2003. Per comune valutazione degli interpreti, dalla novella del 2003 sul procedimento cautelare, poi rifluita - come si è ricordato - negli artt. 669-octiesss. c.p.c., è scaturita un'attenuazione del principio di strumentalità della misura cautelare[18] rispetto alla decisione di merito. Detto principio si esprime nella regola secondo cui, se la domanda cautelare sia stata proposta prima dell'instaurazione della causa di merito, questa deve essere comunque iniziata entro un termine perentorio (fissato dal giudice, o, in mancanza, dalla legge) decorrente dalla data dell'ordinanza di accoglimento della domanda [...]


5. La soluzione proposta: riconoscimento al socio di s.r.l. del potere di ottenere provvedimento di revoca nel merito degli amministratori, nel caso di gravi irregolarità gestionali, con eventuale proposizione della medesima domanda in sede cautelare.

Stante, dunque, la difficoltà, se non l'impossibilità, di qualificare la revoca, in ipotesi concessa ai sensi dell'art. 2476, terzo comma, come misura anticipatoria degli effetti della sentenza di condanna dell'amministratore al risarcimento del danno, pur non senza contrasti, si è fatta strada, l'opinione - autorevolmente suffragata dalla motivazione della citata sentenza di rigetto, resa della Corte costituzionale nel 2005 - secondo la quale la decisione di merito, i cui effetti sarebbero anticipati dal provvedimento cautelare de quo, deve essere identificata nella sentenza di revoca degli amministratori dal loro incarico: l'assunto, altrimenti detto, secondo cui fra i poteri attribuiti al socio di s.r.l. individualmente vi sarebbe, oltre a quello di agire in giudizio per il risarcimento del danno arrecato dagli amministratori alla società, anche quello di provocare in via definitiva l'allontanamento degli stessi dalla carica e di promuovere, in funzione ancillare rispetto alla (eventuale) domanda di revoca di merito, la domanda cautelare avente il medesimo oggetto[27]. La difficoltà principale, in cui questo tipo di percorso argomentativo s'imbatte, consiste in ciò, che non è testualmente contemplata dalla disciplina in tema di s.r.l. la revoca giudiziale degli amministratori come effetto di un provvedimento reso dal giudice, in via definitiva, all'esito di un giudizio di merito. Si è in proposito sostenuto, da taluni, che detta difficoltà è superabile, poiché la fattispecie della revoca degli amministratori (ovvero deli liquidatori: art. 2275, secondo comma, c.c.) disposta dal giudice all'esito di un giudizio di merito è comunque rintracciabile nel sistema del diritto societario, precisamente nell'art. 2259, terzo comma, c.c., secondo il quale nelle società di persone la revoca dell'amministratore per giusta causa «può in ogni caso essere chiesta giudizialmente da ciascun socio»: questa disposizione sarebbe applicabile alla s.r.l. in via di analogia[28], perché la mancata previsione, nella disciplina di questo tipo societario, di un'azione di merito rivolta ad ottenere una sentenza di revoca degli amministratori dal loro incarico costituirebbe una lacuna in senso tecnico, suscettibile - come tale - di essere colmata, appunto, con il ricorso all'analogia. In questo filone si inserisce anche l'opinione di chi[29] reputa la misura [...]


6. La possibile soluzione alternativa: la configurazione della revoca giudiziale dell’amministratore di s.r.l. come provvedimento sommario ovvero come un cautelare extra ordinem, privo del grado di merito.

La soluzione di cui si è discorso nel paragrafo precedente non riscuote tuttavia un consenso unanime. Secondo un'altra dottrina, fermo il carattere funzionalmentecautelare della revoca giudiziale di cui all'art. 2476, terzo comma, inteso come «evidente funzione di prevenzione di nuove attività dannose(…)»[37], dal punto di vista strutturale, la misura in questione sarebbe da qualificare come una misura sommaria[38], e non autenticamente cautelare, proprio in considerazione dei tratti che la caratterizzano ed in particolare della sua idoneità a mantenersi efficace anche nel caso in cui sia mancato, o si sia estinto, il giudizio di merito. Apparentemente la distanza rispetto alla soluzione qui preferita è minima e potrebbe apparire solo nominalistica. Tuttavia, se la qualificazione come "sommario" del provvedimento di revoca giudiziale vale - come deve ritenersi - a richiamare l'applicazione della disciplina dettata per il procedimento sommario (non cautelare), essa non sembra pienamente convincente. Infatti, su questo presupposto, si dovrebbe ammettere, per esempio, la superfluità del requisito delpericulumin mora, così come l'idoneità del provvedimento ad assumere forza di giudicato. Sotto entrambi i profili ora considerati, saremmo in presenza di una disciplina che eccede lo scopo di tutela che si prefigge (né è possibile, mi sembra, stabilire un confronto o comunque trarre indicazioni favorevoli alla tesi in esame dalla più analitica disciplina della revoca giudiziaria dell'amministratore del condominio ai sensi del ricordato art. 1129 c.c. e dell'art. 64 disp. att. trans. c.c., che, senza operare alcun riferimento esplicito alla natura cautelare ovvero sommaria del procedimento, lo disegnano con caratteri suoi propri, probabilmente non  suscettibili di essere trasportati o richiamati al di fuori della vicenda specifica). A fronte di ciò, la ricostruzione testé riferita neppure avrebbe il conforto del dato testuale: si è infatti già constatato che il disposto dell'art. 2476, terzo comma, c.c. qualifica letteralmente comecautelareil provvedimento di revoca ivi disciplinato, in un contesto - quello della riforma societaria del 2002 e della coeva introduzione del c.d. rito societario con il d.lgs. 5/2003 - che conosce(va) anche la distinta fattispecie dell'ordinanza emessa all'esito di un procedimento, appunto, sommario (cfr. art. [...]


7. Sui presupposti della domanda cautelare di revoca; sulla partecipazione della società al procedimento.

7.1. Si è già affermato che non sembra richiesta, ai fini dell'emissione del provvedimento di revoca, neppure in sede cautelare, la prova del fatto che le irregolarità gestionali perpetrate dall'organo amministrativo hanno arrecato, stanno arrecando o potrebbero arrecare pregiudizio alla società. La domanda di revoca prescinde infatti dall'elemento della dannosità della condotta degli amministratori per il patrimonio sociale (il che, come dianzi osservato, induce ad escludere l'esistenza di un nesso di strumentalità tra questa iniziativa giudiziaria rispetto a quella, pure contemplata dal terzo comma dell'art. 2476, avente come petitumil risarcimento del danno al patrimonio sociale, previo accertamento della responsabilità degli amministratori): l'interesse tutelato è specificamente quello di impedire o inibire la permanenza in carica di amministratori che stanno ponendo in essere comportamenti gestionali illegittimi[40]. Ai fini della concessione del provvedimento cautelare, devono peraltro sussistere (e perciò essere addotti e provati dal richiedente) i noti presupposti del "fumo del buon diritto" e del "pericolo nel ritardo": essi saranno integrati, rispettivamente, dall'obiettiva apparenza di illegalità, o per lo meno di irregolarità, della gestione sociale e dalla elevata probabilità di reiterazione degli episodi dimala gestio, fino a quando gli attuali amministratori restino in carica. Con riguardo, in particolare, al fumus, deve ritenersi l'insufficienza, nel caso di specie, di uno scrutinio di mera probabilità o di mera verosimiglianza delle irregolarità gestionali su cui si fonda la domanda di revoca ed affermarsi invece, con forza, l'esigenza di un giudizio di plausibilità circa l'esito positivo della futura (eventuale) azione di merito, fondato su un'analisi particolarmente accurata, sia pure compiuta allo stato degli atti. Soccorre qui l'insegnamento[41], secondo cui «la nozione di fumus non vuole esprimere uno standard valutativo uniforme e costante (...) quanto un connotato sistematicamente imposto dal carattere strumentale proprio del giudizio cautelare, da modulare a seconda delle varie sue ipotesi che vengono in considerazione volta a volta (...). In particolare, tale valutazione (del fumus, n.d.r.) dovrà essere più accurata ed approfondita nel campo dei provvedimenti cautelari di carattere anticipatorio, specie [...]


NOTE