Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeISSN 2282-667X
G. Giappichelli Editore

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L'attività degli intermediari finanziari nella regolamentazione sovranazionale (di Vincenzo Calandra Buonaura)


Il saggio tratta dell'evoluzione intervenuta nella disciplina relativa all'attività degli intermediari finanziari a seguito della crisi finanziaria, rilevando, in primo luogo, come la nuova regolamentazione approvata dell'UE abbia ulteriormente accentuato le differenze tra le normative settoriali relative a banche, assicurazioni e intermediari mobiliari.

Esaminando, in particolare, l'evoluzione della disciplina relativa all'attività bancaria, lo studio individua le lacune dello schema regolamentare di Basilea 2 che la crisi finanziaria ha fatto emergere e illustra il contenuto delle modifiche proposte dal Comitato di Basilea nel luglio 2009 (la c.d. Basilea 2.5) e nell'accordo del 2010 (Basilea 3) e le iniziative adottate dall'Unione Europea per adeguare ed armonizzare le discipline dei Paesi membri (la Direttiva CRD III e la proposta di Direttiva CRD IV). In particolare, con riguardo alle nuove regole introdotte da Basilea 3, l'A. sottolinea alcune criticità riguardanti la disciplina del capitale e la mancanza di regole adeguate in materia di derivati e di cartolarizzazioni. Muovendo dal Rapporto Liikanen dell'ottobre 2012, l'A. affronta infine, i problemi della separazione fra attività di banca commerciale e l'attività di investment banking e delle modalità con cui prevenire le distorsioni ed eliminare gli squilibri competitivi prodotti dagli aiuti di stato concessi alle banche in crisi.

This Article outlines the development of the financial regulation resulting from the financial crisis, finding out that the recent EU reforms consolidate sectional differences in the regulation of banks, insurance firms and investment funds.

Focusing in particular on banking regulation, the Author identifies the lacuna and the weak points in Basel 2 that the financial crisis uncovered and analyses the Basel Committee proposals of July 2009 (so called Basel 2.5) and 2010 (Basel 3) and the consequential EU actions to implement them and harmonise Member States internal regulations (CRD III and the proposal of CRD IV). The Author then emphasises some critical elements of Basel 3 concerning capital requirements and the lack of effective rules as regard to derivatives and securitisation. Finally, starting from the Final Report 2012 of the 'High-level Expert Group on reforming the structure of the EU banking sector' (Liikanen Report), the Author examines some issues stemming from the separation of investment banking from commercial banking and focuses on measures to prevent the crowding out effect and reduce competitive imbalances caused by State aid to struggling banks.

Sommario/Summary:

1. Premessa - 2. L’evoluzione della regolamentazione delle banche: da Basilea 2 alla CDR III - 3. Lo schema regolamentare di Basilea 3 e la proposta di Direttiva CRD IV - 4. Il problema della separazione fra attività di banca commerciale e attività di investment banking: il rapporto Liikanen - 5. Aiuti di stato e concorrenza - NOTE


1. Premessa

Cercare di delineare un quadro di sintesi, non soltanto descrittivo, ma anche critico, della evoluzione intervenuta in questi ultimi anni nella disciplina che regola l'attività delle tre categorie di intermediari finanziari (bancari, assicurativi e mobiliari) è compito non agevole.  La legislazione e la disciplina regolamentare emanate negli anni più recenti si sono decisamente differenziate sul piano settoriale contribuendo ad approfondire il solco, peraltro già esistente, che impedisce che, sul piano dell'attività, le normative di settore possano essere ricondotte a principi e regole comuni idonei a consentire la ricostruzione di uno statuto degli intermediari finanziari.  Considerando l'elaborazione delle regole intervenuta a livello internazione, cui in particolare è dedicato questo contributo, si è assistito ad interventi, riguardanti in particolare il settore bancario, in quanto maggiormente coinvolto e impattato dalla crisi finanziaria, che, nel tentativo di dare risposte o proporre soluzioni ai problemi posti dalla crisi, hanno assunto un connotato sempre più marcatamente tecnico e aderente alla specificità dell'attività oggetto della regolamentazione.  Anche la disciplina prudenziale dettata per le imprese di assicurazione e riassicurazione contenuta nella Direttiva 2009/138/CE del 25 novembre 2009 (Solvency II)(1), di gestazione assai travagliata e di attivazione ancora incerta (è notizia recente il rinvio di almeno un anno dell'entrata in vigore della normativa in attesa di una ulteriore fase di valutazione di impatto affidata alla EIOPA vale a dire al regulator assicurativo europeo: diversi sono i problemi aperti in particolare con riguardo alla definizione dei ratios patrimoniali relativi alle polizze vita e, più in generale, alle garanzie a lungo termine), pur non avendo subito, nella stessa misura, i condizionamenti derivanti dall'analisi delle cause della crisi finanziaria, segue la medesima logica.  E' certamente vero che la Direttiva nasce sotto l'influsso di Basilea II e dei principi di misurazione e controllo dei rischi elaborati per le banche dal Comitato di Basilea. Questa influenza si coglie, in particolare, nell'attenzione rivolta ai rischi finanziari correlati all'attività di investimento, di mercato e di controparte, e ai rischi operativi, nella possibilità per le imprese di dotarsi, in alternativa al metodo [...]


2. L’evoluzione della regolamentazione delle banche: da Basilea 2 alla CDR III

Passando a considerare l'evoluzione intervenuta nella disciplina dell'attività bancaria, la scelta di concentrare l'attenzione sul quadro internazionale si fonda su due motivazioni.  In primo luogo, quella finanziaria è l'attività economica maggiormente globalizzata, se non altro per la facilità con la quale è possibile trasferire capitali rispetto alle merci. Ciò comporta l'assoluta necessità che si pervenga alla definizione di regole comuni al fine di evitare il propagarsi delle crisi e dei relativi effetti sistemici, come è avvenuto per la crisi finanziaria che ha preso le mosse dalle bolle immobiliari originatesi negli USA con i mutui subprime e le relative cartolarizzazioni, e per evitare l'elusione delle regole tramite arbitraggi normativi.  Nel mercato globalizzato in cui operano le istituzioni finanziarie le regole, per essere realmente efficaci, devono essere globalmente condivise e non possono essere adottate unilateralmente se non con una efficienza più contenuta e con un elevato sacrificio competitivo a carico di chi è tenuto ad osservarle.  In secondo luogo, proprio al fine di tenere conto della necessità di definire regole comuni imposte dall'elevato grado di integrazione dei mercati finanziari, si è assistito in questi anni ad una produzione normativa, diretta a dare risposte ai problemi posti dalla crisi finanziaria, che trae origine dalla elaborazione condotta da organismi internazionali che ha direttamente influito sulla normativa interna. I principi elaborati dal G-20 e dal Financial Stability Board hanno orientato i lavori del Comitato di Basilea i cui risultati, come del resto già avvenuto per Basilea 2, sono stati in parte recepiti e in parte sono in corso di implementazione da parte delle normative interne agli Stati.  Per quanto riguarda l'Unione Europea, dove il coordinamento delle legislazioni economiche degli Stati membri costituisce uno dei principali fini istituzionali e dove esistono organismi, procedure e potestà legislative per operare tale coordinamento, l'adozione di queste regole è passata e ancora passerà attraverso il ricorso allo strumento della direttiva o a strumenti di soft law quali le raccomandazioni, cui gli Stati membri provvedono a dare attuazione. E' quanto anche nel nostro Paese è avvenuto e sta avvenendo essenzialmente con il ricorso a provvedimenti di natura [...]


3. Lo schema regolamentare di Basilea 3 e la proposta di Direttiva CRD IV

L'accordo di Basilea 3 del dicembre 2010 con i successivi aggiornamenti(16) cerca di dare una risposta più complessiva alle lacune regolamentari che la crisi ha fatto emergere, adottando una prospettiva non soltanto microprudenziale, ma anche attenta agli aspetti macroprudenziali e, quindi, ai rischi sistemici derivanti dalle interconnessioni esistenti tra le istituzioni finanziarie in un mercato fortemente globalizzato.  Senza entrare nello specifico dello schema di regolamentazione proposto dal Comitato di Basilea, i principali aspetti, nonché le finalità, di questa proposta possono essere, in massima sintesi, così individuati:a) Rafforzamento dei requisiti di adeguatezza patrimoniale sotto diversi profili: - sotto il profilo qualitativo: viene semplificata ed armonizzata la composizione del patrimonio di vigilanza destinato alla copertura delle perdite, per evitare le disomogeneità applicative che in precedenza erano derivate dal lasciare la valutazione di tali componenti (e in particolare  delle azioni speciali, dei c.d. ibridi di capitale e dei prestiti subordinati) alla discrezionalità delle autorità di vigilanza dei diversi Paesi che non consente di confrontare correttamente la qualità del capitale tra le diverse istituzioni finanziarie; - sotto il profilo quantitativo: viene elevata, nel patrimonio di base (Tier 1), la quota costituita da azioni ordinarie e riserve di utili non distribuiti (Common Equity Ratio) e limitata la composizione della quota residua a strumenti subordinati di alta qualità (con dividendi o interessi non predeterminati e senza data di scadenza e privi di incentivi al rimborso anticipato); viene prevista la costituzione di riserve anticicliche la cui determinazione, all'interno di un limite predeterminato, è lasciata alle Autorità di vigilanza dei singoli Paesi, da costituire nei periodi in cui la crescita del credito raggiunge livelli eccessivi; - a copertura del rischio sistemico: viene previsto un buffer di capitale per le banche sistemiche (SIFI); vale a dire per le banche maggiori la cui eventuale crisi è destinata a produrre rilevanti effetti sistemici.b) Modifica delle regole di copertura dei rischi - vengono previsti requisiti patrimoniali più elevati per l'attività di trading proprietario, per quelle in derivati, per le cartolarizzazioni e ricartolarizzazioni (per le [...]


4. Il problema della separazione fra attività di banca commerciale e attività di investment banking: il rapporto Liikanen

L'agenda della Commissione Europea riguardante la regolamentazione delle istituzioni finanziarie vede anche un altro punto all'ordine del giorno sul quale l'Accordo di Basilea 3 non ha preso posizione , ma che è destinato ad avere un notevole impatto sulla futura attività delle banche: si tratta del problema della separazione dell'attività di banca commerciale dall'attività di investimento ad alto rischio.  I termini della questione e le ragioni che ne giustificano l'approfondimento in chiave regolamentare erano noti anche prima che la crisi finanziaria ne accentuasse l'evidenza. L'assunzione del modello della banca universale ha determinato il venir meno della separazione fra l'attività di banca commerciale e le attività di investment banking e, anche a causa delle lacune regolamentari che ho già avuto modo di ricordare, le attività di trading proprietario e in derivati speculativi ad alto rischio delle banche di deposito hanno assunto proporzioni considerevoli, superando, in certi casi anche notevolmente, la quota degli attivi rappresentata dai crediti alla clientela. La necessità di accordare una idonea tutela agli interessi di depositanti e bondholders e soprattutto il fatto che i depositi godono, almeno fino ad una certa misura, della garanzia dello stato, non consentono di eludere il problema dei limiti ai quali le banche di deposito devono sottostare nell'esercizio di attività speculative. La Commissione Europea ha affidato il compito di studiare il problema ad un gruppo di lavoro presieduto dal Governatore della Banca Centrale Finlandese che ha depositato il suo rapporto finale il 2 ottobre 2012.(18) Il rapporto Liikanen, che presenta  grande interesse anche per il quadro che propone del sistema bancario europeo e il confronto tra le principali istituzioni finanziarie, prende in esame le diverse soluzioni proposte dalla Volcker Rule recepita dalla Section 619 del Dodd-Frank Act e dal UK Independent Commission on Banking (rapporto Vickers), ma propone una soluzione che si potrebbe definire intermedia.  La Volcker Rule prevede sostanzialmente un ritorno al regime di separazione fra banca commerciale e banca di investimento introdotto nel 1933 dal Glass-Steagall Act e rimasto in vigore negli USA fino al 1999. La regola proibisce alle banche commerciali di operare come "principal" in attività di trading su valori mobiliari, derivati o commodities che [...]


5. Aiuti di stato e concorrenza

Nell'analizzare le criticità del sistema bancario europeo, il Rapporto Liikanen menziona anche un altro serio problema , senza peraltro proporre una soluzione. Si tratta della considerevole distorsione competitiva prodotta dagli aiuti di stato devoluti a favore delle banche in crisi. Il problema non deriva soltanto dall'enorme entità di questi aiuti, ma anche e soprattutto dal fatto che degli stessi, sia sotto forma di diretto intervento sul capitale che di garanzia prestata all'emissione di titoli di debito, hanno usufruito in modo massiccio le banche britanniche, tedesche, francesi, greche e irlandesi, ne stanno usufruendo e ne usufruiranno in misura ancora maggiore le banche spagnole, in misura molto più contenuta le banche italiane e quelle degli altri paesi europei.(20)  Nei provvedimenti con i quali la Commissione Europea ha autorizzato questi interventi(21) si avverte sempre la consapevolezza degli effetti distorsivi che essi possono comportare sul piano concorrenziale e viene dichiarato l'intento di adottare i necessari rimedi.Infatti, tra i principi enunciati dalla Commissione come criteri di ammissibilità dell'intervento pubblico, oltre alla stretta funzionalità e proporzionalità allo scopo di "porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro" e al carattere non discriminatorio e temporaneo dell'intervento, si sottolinea la necessità che tale intervento sia corredato di misure di salvaguardia dirette ad evitare indebite distorsioni della concorrenza. (22) A questa consapevolezza peraltro, non hanno fatto seguito iniziative realmente efficaci nell'impedire alle banche beneficiate di avvalersi sul piano competitivo dei vantaggi ricevuti né adeguate misure compensative volte ad eliminare le distorsioni concorrenziali. Se la temporaneità dell'intervento pubblico può essere assicurata da clausole che rendono particolarmente oneroso il mantenimento nel tempo della sovvenzione statale (attraverso la previsione di un tasso di interesse iniziale particolarmente elevato e destinato a crescere nel tempo e della limitazione della possibilità di distribuire dividendi, di acquistare azioni proprie e di assegnare bonus ai managers), è decisamente più difficile individuare adeguate misure dirette ad evitare che l'aiuto di stato si traduca in un vantaggio competitivo a danno dei concorrenti e controllarne e garantirne il [...]


NOTE