La regolamentazione delle informazioni privilegiate è da sempre un campo di scontro ideologico e l'ultimo corposo intervento dell'Unione Europa con due testi, un regolamento (n. 596/2014) ed una direttiva (2014/57/UE), apre molti più interrogativi di quanti non ne riesca a chiudere. Oltre ad una serie di altre criticità (semplificazioni inattuate, persistenza della figura dell'investitore ragionevole, incompatibilità del regime sanzionatorio con la CEDU…), nel presente lavoro ci si occupa, in particolare di rilevare alcune problematiche derivanti dall'adozione del principio di parità (o simmetria) informativa in tema di condotte legittime, di "processi prolungati" e, soprattutto, di punibilità del c.d. insider di se stesso.
In relazione a queste ultime si cercherà di individuare se dai nuovi testi si possa evincere una logica unitaria - quella della funzione d'uso delle informazioni privilegiate - in grado di orientare l'interpretazione di certe norme ed al tempo stesso di costituire un argine al perdurante afflato "iperpunitivo" della disciplina degli abusi di mercato.
The regulation of inside informations has always been an ideological battlefield and the last lenghty EU intervention with two new pieces of legislation, a regulation (n. 596/2014) and a directive (2014/57/UE), creates more problems than it actually solves. Besides a series of other critical issues (unhatched simplifications, persistence of the reasonable investor clause, incompatibility of the sanctioning system with the ECHR…), the present work deals in depth with the task of detecting a set of problems stemming from the adoption of the parity (or symmetry) of information principle in the fields of legitimate behaviours, protracted processes and, above all, the punishability of the so called insider of itself.
With regard to these last issues the author will try to ascertain if it is possible to deduce from the new EU legislation a unitary logic - the one regarding the use function of inside informations - fit to steer the interpretation of some rules and at the same time to curb the ongoing "iperpunitive" tendency of the market abuse regime.
Qui tutto era scabro, positivo, puritanescamente cattivo.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa,I gattini ciechi
1. L’abuso di mercato in una capsula del tempo. - 2. Attriti tra principi e precetti. - 3. (segue) Poca chiarezza, molta oscurità ed una dose di ignavia. - 4. L’insider di se stesso nella nuova disciplina: il requisito dell’alterità dell’informazione rispetto al suo utilizzatore… - 5. …ed il requisito della liceità dei propositi dell’insider. - 6. Troppi attori sul palco delle riforme? - NOTE
Non è esagerato affermare che le aspettative degli operatori e degli interpreti intorno alla riforma della normativa europea sugli abusi di mercato[1] fossero elevate e che nell'attesa stesse subentrando una certa impazienza, considerate le svariate e crescenti problematiche legate all'esegesi ed all'applicazione dell'intricatocorpus "multidimensionale" vigente. Per molteplici ragioni, che nel presente scritto sarà possibile illustrare solo in relazione a taluni aspetti, le attese sono state però frustrate ed alle difficoltà tuttora irrisolte se ne sono sommate di nuove, talvolta anche particolarmente insidiose. Invero, sul piano strutturale, la parallela introduzione del reg. UE 596/14 (d'ora in avanti, "MAR") e della dir. 2014/57/UE (di seguito, "MAD 2"), pur segnando una profonda innovazione sul piano delle modalità europee di intervento nell'ormai dissodato campo della tutela dei mercati finanziari, in gran parte riproduce contenuti già presenti nella dir. 2003/6/CE (nel prosieguo, "MAD") e nelle sue disposizioni attuative ed integrative di livello inferiore[2], senza che sia peraltro prestata particolare attenzione per l'assetto sistematico risultante (anche all'interno del MAR stesso). In estrema ed ellittica sintesi, fatti salvi ulteriori approfondimenti svolti in seguito, le principali novità riscontrabili nel ponderoso testo combinato (89 considerando e 39 articoli per il MAR; 32 considerando e 15 articoli per la MAD 2) consistono: a)nell'espansione dell'ambito applicativo della disciplina a mercati prima non inclusi (multilateral trading facilities- MTF- e organized trading facilities - OTF, con la corrispondente insorgenza di obblighi informativi anche per gli emittenti con titoli ivi negoziati) ed anche a scambi fuori mercato (o over the counter- OTC); b)nell'inclusione, anche se talvolta a fini specifici, di ulteriori strumenti finanziari (e non), contratti derivati, prodotti non finanziari, quote di emissione di anidride carbonica, condotte poste in relazione ad indici di riferimento ed altri ancora, precedentemente non previsti; c)nell'introduzione e minuziosa regolamentazione dell'istituto dei sondaggi di mercato, attraverso cui si può dar luogo alla comunicazione a uno o più potenziali investitori di informazioni, prima dell'annuncio formale di un'operazione, al fine di valutare il loro interesse; d)nell'anticipazione ed ampliamento degli obblighi di prevenzione e [...]
Il duplice rilievo che bisogna muovere al rifondato edificio normativo degli abusi di mercato è che, da un lato, l'assolutezza delle scelte di valore (e delle inevitabili ripercussioni sul piano finalistico) su cui riposa introducono forti tensioni rispetto ad una serie di regole in esso presenti e (nonché in rapporto con altre discipline dei mercati finanziari di origine europea), mentre, dall'altro, queste stesse norme in più occasioni presentano significative frizioni rispetto ai paradigmi fissati. Una prima osservazione di carattere generale concerne il "ritorno all'antico" operato con il richiamo surrettizio - ma di fatto sovraordinato - alla parità tra gli investitori. È in effetti sorprendente constatare che tale inattingibile ed irrealistico obiettivo continua ad orientare l'Unione Europea nelle sue riforme in materia ed a condizionare gli interpreti[19]. A voler antropomorfizzare le istituzioni europee, si direbbe che siano affette da una significativa dissonanza cognitiva; ed invero, per evidenziare l'"estremismo" teorico in cui è attualmente sospeso il corpus normativo sugli abusi di mercato, è sufficiente stabilire un parallelismo con un altro settore particolarmente esposto alle acquisizioni del pensiero economico, quale quello della politica della concorrenza: in quell'ambito l'Unione non ha mai fatto ricorso al modello di "concorrenza perfetta" elaborato dagli economisti neoclassici, e la ragione è "intuitiva, perché quel modello analitico è troppo distante dalla realtà di funzionamento dei mercati contemporanei, che sono prevalentemente di concorrenza imperfetta od oligopolistici"[20]; non solo, lungi dal rimanere ancorata ad un particolare obiettivo, la politica della concorrenza e la sua concreta implementazione nel tempo hanno conosciuto una significativa evoluzione[21]. Non solo, anche in seno alla stessa regolamentazione europea dei mercati finanziari l'orientamento del complesso disciplinare delmarket abusesi presenta significativamente eccentrico ed ormai isolato, se solo si considera l'attenzione riposta sulle imperfezioni cognitive dei clienti/investitori al dettaglio che ormai pervade trasversalmente tutti gli ultimi testi in cui si prende in considerazione il rapporto tra costoro e gli operatori bancari, finanziari o assicurativi (tra i tanti, si vedano: considerando 21, 23, 25, 27, 30 ed artt. 34, 36, 41 dir. 2007/64/CE; considerando 15, 16, 19, 20, [...]
Prima di chiudere questa rassegna su alcune delle principali criticità del nuovocorpusnormativo, non ci si può esimere dal segnalare alcune ulteriori rilevanti distonie tra certe dichiarazioni di principio di portata generale e la loro attuazione. Tra i primi considerando del MAR, si ritrova invero l'affermazione della necessità di "un nuovo strumento legislativo per garantire regole uniformi echiarezza dei concetti di base" (considerando n. 3), cui si unisce quella - parallela e speculare - della riduzione della complessità normativa (considerando n. 4), e l'esigenza di definire "in modo più chiaro le regole applicabili" (considerando n. 5); tale logica riecheggia anche nel considerando n. 6 della MAD 2, ove, con una certa ingenuità si afferma che con l'introduzione di sanzioni penali "almeno per le forme gravi di abusi di mercato, si stabilisconoconfini chiariper i tipi di comportamenti che sono ritenuti particolarmente inaccettabili"…senza tuttavia che sia articolata alcuna seria riflessione sulla nitidezza del concetto di gravità dell'abuso (su cui si tornerà più avanti), per non parlare dell'immutata indeterminatezza di molti elementi-chiave delle fattispecie. La chiarezza tanto frequentemente invocata, però, sembra un obiettivo mancato nella elaborazione delle disposizioni: per limitarci all'esempio forse più emblematico, si può prendere in esame la figura dell'investitore ragionevole, oggetto di una clausola incautamente e approssimativamente importata dall'elaborazione economica neoclassica (ove, per vero, si parla di investitore razionale) e dalla successiva sedimentazione dottrinaria e giudiziaria d'oltreoceano[50]. Nel duplice giudizio ipotetico che anche alla luce dell'art. 7, par. 2 e 4, MAR (richiamati nella MAD 2 dall'art. 2, n. 4) dev'essere soddisfatto per accertare l'illiceità della condotta di un "iniziato" che abbia operato sul mercato sulla base delle informazioni privilegiate a lui note, l'investitore ragionevole[51] continua imperturbato a giocare un ruolo problematicamente rilevante nella determinazione dell'idoneità dell'informazione privilegiata a determinare una significativa variazione nei prezzi degli strumenti finanziari (price sensitivity). Pur essendo stato introdotto per conferire maggiore determinatezza alla fattispecie dell'abuso di informazioni privilegiate, l'alter egogiuridico di questo concetto economico [...]
Come in precedenza anticipato, il forte "sbilanciamento" nell'ottica della garanzia della parità informativa della nuova disciplina europea ha fortemente condizionato anche le modalità dell'inserimento nel testo normativo di un elemento che a lungo è stato relegato nei considerando delle direttive precedenti e del quale si è da più parti invocato l'innalzamento al rango di precetto, soprattutto allo scopo di tracciare dei confini solidi alle forti possibilità di espansione applicativa dell'apparato di sanzioni che si è avuto modo di constatare: si parla della problematica configurabilità della figura del c.d. insiderdi se stesso, la quale è oggi approdata nella scomoda sede dell'art. 9, par. 5, MAR[79]. L'incapacità di delineare con sufficiente precisione i valori protetti dalle comminatorie sugli abusi di informazioni privilegiate rispecchia una problematica che il legislatore europeo, con le sue ultime scelte, come visto, ha soltanto amplificato e forse è stato per via della consapevolezza delle criticità generate che si è sentito il bisogno di creare dei safe harboursanche per quanto riguarda gli abusi di informazioni privilegiate e non solo per le fattispecie di abusi manipolativi[80]. Per quanto sinora affermato ed a dispetto delle dichiarazioni di principio che affollano i considerando di MAR e MAD 2, la certa inidoneità delle norme (rectius, di qualsiasi norma) sull'abuso di informazioni privilegiate ad introdurre e proteggere un'irrealizzabile parità informativa sui mercati finanziari non dovrebbe consentire già in partenza di punire la condotta di chi agisce esclusivamente sulla scorta delle proprie decisioni[81]: non si può certo ritenere che si sia indebitamente conseguita una posizione di privilegio informativo solo perché si è maturata la risoluzione di effettuare una certa operazione finanziaria[82]. Lo stesso dicasi per chi ha preso una decisione basandosi su informazioni precedentemente in suo possesso[83]. Una simile conclusione è tuttavia insoddisfacente, una volta dimostrato che la dilagante parità informativa non consente distinzioni tra privilegi meritevoli e immeritevoli, né in relazione alle modalità della loro formazione. Per altro verso, ai fini della risoluzione della questione qui affrontata, non si reputa necessario invocare l'esistenza di un "diritto di [...]
Partendo dalla imprescindibile alterità dell'informazione privilegiata rispetto al patrimonio cognitivo dell'insidersi è così creduto possibile scorgere un elemento in grado di gettare nuova luce sulla valutazione del profilo abusivo della condotta di costui: si tratta della conformità o meno dell'impiego dell'informazione rispetto alla sua funzione d'uso (già identificata con il bisogno o interesse altrui che lo sfruttamento dell'informazione privilegiata è strumentalmente diretto ad appagare). Questa ricostruzione si consolida grazie alle conferme che si possono ancora una volta evincere dalla trama nazionale e sovranazionale delle fonti che governano la materia. In primo luogo, l'art. 8, par. 5, MAR, ultimo di una catena di precetti analoghi, stabilisce che i divieti operativi sanciti nei paragrafi precedenti si applicano alle persone fisiche che prendono parte alla decisione di compiere un'operazione per conto di una persona giuridica. La scelta così effettuata nella direttiva non è priva di ripercussioni sull'ordinamento italiano, poiché il suo scopo è quello di circoscrivere la punibilità delle condotte di chi delibera di mettere in atto, esternandola, la volontà dell'organizzazione cui appartiene[108]: solo chi non opera nell'interesse dell'ente, bensì coltiva il proprio tornaconto, va soggetto a sanzione[109]. Proprio per la sua natura scriminante, questa previsione deve orientare l'interpretazione e l'applicazione delle pene previste nel nostro ordinamento in modo da tenere al riparo coloro che si inseriscono nella fase esecutiva del procedimento deliberativo societario in consonanza con la volontà dell'ente così come formata e manifestata secondo le prescrizioni legali e statutarie[110]. A questa copertura, però, giustamente si sottraggono quegli usi dell'informazione privilegiata che, pur in sintonia con gli interessi dell'ente collettivo (ed anzi proprio in virtù di ciò o della realizzazione di un vantaggio), si traducono nella commissione di illeciti amministrativi ad esso ascrivibili - o "rimproverabili", per adoperare la terminologia della relazione ministeriale di accompagnamento al d.lgs. 231/2001 - per tramite dei soggetti in posizione apicale o sottoposti all'altrui direzione o vigilanza enumerati nell'art. 187-quinquies, comma 1, lett. a)e b), t.u.f.[111]. Analoghe considerazioni sono state già svolte [...]
I suggerimenti sin qui articolati, ad ogni modo, possono soltanto aspirare a contenere le spinte impetuose di una regolamentazione ipertrofica e mal concepita, ma non sono assolutamente idonei a risolvere un problema di fondo, ossia il fatto che MAR e MAD 2 potrebbero dimostrarsi essi stessi degli insidiosi nemici per l'integrità dei mercati che asseriscono di tutelare: la fuga dai mercati regolamentati (principalmente a causa dei costi di varia natura che impongono agli emittenti, non ultimi quelli diretti ed indiretti relativi alla disclosure[120]) ha fatto la fortuna delle piattaforme alternative di scambio, le quali, però, si sono viste lentamente riassorbire nelle medesime spire che stanno soffocando le "gloriose" borse valori, nell'illusione legislativamente alimentata che la finanza possa essere democratica. Dall'altro lato, le preoccupazioni sin qui adombrate acquistano ulteriore peso, se raffrontate a livello nazionale con un orizzonte legislativo profondamente incerto a causa del parallelo affollarsi di molteplici impulsi endogeni ed esogeni suscettibili di influenzare in maniera scoordinata la futura conformazione degli obblighi informativi e del regime degli abusi di mercato. Da una parte, infatti, è stata approvata la legge di delegazione comunitaria per l'anno 2014 (l. 114/2015), il cui art. 11 contiene apposita delega al governo per l'attuazione della disciplina sin qui discussa, senza che tuttavia siano poste anche solo le premesse per rimediare a nessuno nei problemi che si è toccato in precedenza, stante l'assoluta genericità dei principi e criteri direttivi, peraltro aggravata quando si limitano a ripetere pedissequamente le prescrizioni di MAR e MAD 2. A ciò si somma l'ancora inesaurito dispiegarsi delle conseguenze della sentenza Grande Stevens, che al momento vedono la pendenza di fronte alla Corte costituzione di due giudizi scaturiti dalle ordinanze dei giudici della V sezione penale e della sezione tributaria della Corte di Cassazione (l'una depositata il 15 gennaio 2015, n. 1782, l'altra il 21 gennaio 2015, n. 950). Con la prima sono state poste due questioni di legittimità relative all'art. 187-bist.u.f. e, subordinatamente, all'art. 649 c.p.p., entrambe volte a conseguire l'adeguamento dell'ordinamento interno ai principi ed alla giurisprudenza CEDU[121], mentre nella seconda l'oggetto era l'art. 187-ter t.u.f.. Se, da un lato, è plausibile immaginare che l'attuazione [...]