Tra la categoria dei titoli di credito e quella dei token vi sono sorprendenti somiglianze in punto di genesi, di funzione e di sviluppo di nuovi canali di circolazione della ricchezza. I token, come i titoli di credito, incorporano diritti, possono rappresentare un investimento, hanno attitudine alla circolazione. Come i titoli di credito, i token non nascono come categoria omogenea, definita a priori dalla legge, ma da applicazioni concrete e sono accomunati dal fatto di presentarsicome strumenti rappresentativi di una prestazione che è, o può essere, altrove nello spazio o nel tempo. I token non sono incorporati in una res, ma hanno pur sempre bisogno di una res per essere conosciuti e utilizzati dall’intelletto umano. Se non c’è incorporazione in senso fisico, può riconoscersene una in senso digitale. L’eventuale assimilazione dei token alla categoria degli strumenti finanziari potrebbe inoltre avere conseguenze di rilievo, anche pratico, sotto il profilo innanzitutto regolamentare visto che gli emittenti, le offerte pubbliche e, comunque, lo scambio di token andrebberoassoggettati alla disciplina di settore. L’obiettivo del lavoro è esaminare alcuni recenti approcci regolamentari e giurisprudenziali in materia e tentare un possibile inquadramento della fattispecie.
Papers (titoli di credito) and tokens show a surprising number of common features. These common features refer to their origins and functions, as both tokens and papers are vehicles enabling the transfer of assets. Similarly to papers, tokens incorporate rights, can be construed as an investment, and are transferable. Like papers, tokens have not first appeared as a homogeneous category. Rather, they emerged from diverse concrete business applications having a common pattern: all these digital assets represent a certain value that is, or can be, elsewhere in space or in time. Tokens are not embedded in a res, but still they need a res to be known and used by the people. If there is no incorporation, tokens are digital reproductions carrying certain rights and obligations. The potential assimilation of tokens to financial instruments makes the analysis even more complex. If tokens are securities, this would have legal and practical consequences: tokens’ issuances, offerings and trade would fall under the scope of application of securities regulations. This paper aims to examine the most recent regulatory and case-law approaches to tokens. In addition, it aims to outline preliminary criteria for the classification of tokens.
KEYWORDS: token – paper – security – financial instrument – financial product
CONTENUTI CORRELATI: token - titolo di credito - strumento finanziario - prodotto finanziario
1. Una suggestione: i token sono una complessa fattispecie unitaria come quella dei titoli di credito. - 2. Dalla quasi-moneta al quasi-investimento. Evoluzione di una fattispecie intrinsecamente ibrida. Le possibili discipline di rilievo. - 3. Token e token virtuali. - 4. I token come genere ampio che contiene i crypto-asset (che a loro volta contengono le cripto-valute, come Bitcoin ed Ether). Una definizione di lavoro per chiarire il campo di indagine. - 5. Token. Le tassonomie sin qui elaborate con una precisazione (oltre ogni suggestione): categorie nuove richiedono nuovi sforzi interpretativi. - 6. Primi tentativi di inquadrare leInitial Coin Offering (ICO) e i crypto-asset nella disciplina europea dei mercati finanziari. - 7. L'approccio tedesco. I token possono essere strumenti finanziari. Necessità di una valutazione caso per caso. - 8. Il dibattito in Francia. I token non sono strumenti finanziari(con l'eccezione di alcuni derivati), ma potranno esserlo con la nuova disciplina paneuropea sul prospetto. - 9. Stati Uniti. I token sono security se il test di Howey è superato. Lo strano caso dei token che mutano natura nel corso dell'esistenza: strumenti finanziari al momento dell’emissione, meri utility token a impresa decentrata "compiuta" e senza amministratori (Ether). - 10. Primi orientamenti italiani: i token di investimento come «prodotti finanziari». - 11. Conclusioni. I token di investimento possono essere prodotti finanziari. Necessità del ricorso alla fattispecie dei titoli di credito per comprendere e descrivere i token. I token come valori mobiliari? - NOTE
Tra la fattispecie dei titoli di credito e quella dei token vi sono sorprendenti somiglianze in punto di genesi, di funzione e di sviluppo di nuovi canali di circolazione della ricchezza. I token, come i titoli di credito, rappresentano qualcosa, “incorporano” diritti, hanno attitudine alla circolazione. Così come i titoli di credito, i token non nascono qualecategoria omogenea, non sono definiti a priori dalla legge, ma emergono da applicazioni concrete [1]. Similmente ai titoli di credito, i token sono strumenti rappresentativi di una prestazione che è, o può essere, altrove nello spazio o nel tempo. A differenza dei titoli di credito, i token non sono incorporati in una res, ma hanno pur sempre bisogno di una res per essere conosciuti e utilizzati dall’intelletto umano: un telefono, un computer, un qualsiasi strumento tecnologico che ne agevoli l’umana percezione. Se non c’è incorporazione in senso fisico, può riconoscersene una in senso digitale. Non c’è, non può esservi, possesso del token, che circola quindi secondo regoleche non sono cartolari [2]. Qui sta anche un punto di rottura con le regole della circolazione mobiliare. Non si tratta certo del primo, visto che da molto tempo si è assistito all’introduzione di regimi di circolazione dematerializzata intermediata [3]. Tuttavia, la dematerializzazione imposta ex lege non ha nulla a che vedere con le nuove regoleconvenzionaliche ulteriormente riducono il raggio d’azione del «congegno dell’acquisto della proprietà in virtù del possesso titolato di buona fede» [4]. Il trasferimento di un token, con i diritti che incorpora, o con i diritti che sono in esso iscritti, richiede un’azione umana, l’energia necessaria e uno strumento di calcolo e registrazione. A sostituire il momento della scritturazione intermediata può intervenire una banale password o un sistema basato sulla crittografia. La novità concettuale che si aggiunge alla “vecchia” dematerializzazione è che il trasferimento dei token avviene su mercati virtuali idealmente formati da una rete che si compone di “blocchi”, generati e mantenuti in esistenza dalla potenza di calcolo dei computer dei partecipanti: una rete-mercato che può sostituirsi tanto all’emittente che all’intermediario. Su [...]
Se i primi token, come i primi titoli di credito, rappresentavano una somma di quasi-moneta, altri incorporano il diritto a ricevere una prestazione non immediatamente convertibile in un valore monetario, oppure diritti che possono definirsi di partecipazione a un investimento o di credito. Qui l’analisi del fenomeno si complica in vista della sua eventuale assimilabilità a un’altra evoluzione della fattispecie titoli di credito: gli strumenti finanziari. È quindi della massima importanza stabilire se, e in che misura, i token siano strumenti finanziari. Le conseguenze di un’attrazione della categoria dei token, in tutto o in parte, in quella degli strumenti finanziari sarebbero di grande rilievo pratico. In particolare perchétroverebbero applicazione, anche nel campo dei token, le regole poste a protezione degli investitori e dell’integrità del mercato, come la disciplina del sistema MiFID [11] e quella sul prospetto informativo [12]. Un altro profilo riguarda l’applicabilità o meno, a tutti o ad alcuni soltanto tra i token, della disciplina sui servizi di pagamento (PSD) e, in minor misura, stante la differenza concettuale tra elettronico e virtuale, quella in materia di moneta elettronica [13]. Sebbene la disciplina PSD non sembri venire in rilievo per i token che conferiscono utilità (e.g. acquistare beni in anticipo rispetto all’effettiva commercializzazione, ottenere spazio di memoria su dischi diffusi), né per i token che si presentino come strumenti di partecipazione a un’impresa comune, essa potrebbe tuttavia trovare applicazione con riguardo proprio a quei token che rappresentino valute virtuali, vale a dire token che siano esclusivamente utilizzabili per effettuare pagamenti. Infine, i tokensono sicuramente soggetti alla disciplina antiriciclaggio. Il problema è in parte affrontato dal quinto aggiornamento della direttiva europea in materia, pubblicata e da trasporre nell’ordimento italiano entro il2020. Essa introduce una definizione di «valuta virtuale» [14] che risponde esclusivamente alle necessità della disciplina di contrasto al riciclaggio e, così, non colma le lacune presenti in altri settori dell’ordinamento (MiFID, prospetto e PSD).
Con il termine token generalmente si identifica qualcosa che ha la funzione di rappresentare qualcos’altro, come un valore o un’informazione. Se la locuzione può apparire aliena, il concetto non è nuovo. I gettoni telefonici, oggi estinti, sono stati token rappresentativi di un valore monetario variabile nel tempo, corrispondente a uno scatto telefonico, cioè al diritto di parlare al telefono per un tempo determinato e in funzione della localizzazione del ricevente (chi non ricorda che le interurbane si facevano la sera tardi?). Oltre a rappresentare qualcosa, consentendone o facilitandone la trasferibilità, i token possono oggi incorporare informazioni complesse. La diffusione dell’internet banking haimposto l’utilizzazione di token che generano chiavi personalizzate di accesso alle aree riservate dei sitidelle banche. Ciò ha consentito a tutti di servirsi della sicurezza offerta dalla crittografia per compiere semplici operazioni dal proprio computer, senza recarsi presso una filiale.Anche al di fuori anche del caso appena richiamato, la legge italiana riconosce il valore dell’identificazione informatica tramite token crittografico. Basti qui ricordare che, nell’ambito del processo telematico,l’avvocato da tempo può, e anzi deve, certificare la provenienza di atti e documenti tramite «smart card, chiavetta USB o altro dispositivo sicuro» [15]. Le funzioni ricordate, rappresentare e contenere informazioni, sono alla base anche dei token virtuali. Pur se hanno perduto ogni immediata materialità, i token virtuali rappresentano qualcosa. Si mostrano in forme digitali accattivanti, che consentono a chiunque abbia un telefono o un computer di essere visualizzate, trasferite, utilizzate per accedere ad aree riservate, compiere operazioni o esigerela prestazione di servizi. In ragione di questa evoluzione tecnologica che tende alla dematerializzazione dei beni, e alla digitalizzazione delle possibili rappresentazioni di questi, il termine token è oggi associato al concetto di bene digitale (digital asset). Ove questo asset sia percepibile, rappresentabile e trasferibile attraverso chiavi crittografiche su di un registro o una rete decentrata, come la prima Blockchain per i Bitcoin, il bene digitale è descritto con il vocabolo crypto-asset. Nonostante l’inquietudine che il termine incute, [...]
Si è detto che i crypto-asset, di cui le cripto-valute sono il più noto esempio, possono essere definiti come rappresentazioni digitali crittografate di un valore o del diritto a ricevere una prestazione contrattualmente stabilita. Tra le caratteristiche attribuibili a tutti i crypto-asset sono spesso indicate la trasferibilità, la possibilità di essere conservati dall’utente in un portafoglio (e-wallet) e la negoziabilità sul mercato digitale. Per rendere efficaci e, al contempo, pubblicamente disponibili queste operazioni [16] si utilizza una qualche forma di registrazione digitale diffusa, i.e. Distributed Ledger Technology, in acronimo DLT (per rimanere sull’esempio del Bitcoin, la citata Blockchain) [17].Il termine cryptorichiama la tecnica della crittografia utilizzata per inviare e registrare, in modo sicuro [18], l’informazione rilevante, quale ad esempio l’intervenuto trasferimento di un’unità di valore da un soggetto a un altro. In ragione di ciò, è lecito definire i crypto-asset come beni digitali, registrati in modo diffuso, attraverso meccanismi che impiegano la crittografia [19]. E, tuttavia, se è vero che tutte le transazioni in crypto-asset insistono in qualche modo su registri diffusi, non è vero anche il contrario. Le tecniche DLT possono essere utilizzate per registrare operazioni diverse da quelle involgenti crypto-asset [20]. Ad esempio, la tecnica DLT potrebbe essere utilizzata per registrare trasferimenti immobiliari, sempre che la legge del paese dove si trova l’immobile lo consenta [21]. Così come non esiste una definizione condivisa di crypto-asset, non ne esiste una di token. I due termininon sono sovrapponibili, se non altro perché il campo semantico che il vocabolo token occupa è più ampio. Un token può rappresentare qualcosa anche al di fuori del digitale e può assumere materialità (il gettone), mentre i crypto-asset sono sempre virtuali. Peraltro, mentre un crypto-asset può sempre essere rappresentato da un token, non è detto che ogni crypto-asset debba essere rappresentato da un token. Per semplificare, si immagini una serie di cerchi concentrici. Procedendo dall’esterno, per primo si incontrerebbe l’insieme del genere deitoken. [...]
Tra le tassonomie sino a oggi proposte, sembra appropriata all’indaginequella che distingue i token in base alla funzione economica.La seguente tripartizione è oggi largamente condivisa [29]: (i)Token di pagamento (payment token o crypto-currency). Si trattadeitoken che possono essere utilizzati, appena emessi o in un prossimo futuro, come mezzo di pagamento. La principale caratteristicadei token di pagamento èl’attitudine a svolgere la funzione solutoria propria della moneta, pur non essendo moneta. Un’altra caratteristica ricorrente dei token di pagamento è che non conferiscono al detentore alcun diritto nei confronti dell’emittente. L’emittente, nel caso dellecripto-monete, può anche sfumare sino a scomparire (ma meglio sembra ritenere che esista in una forma diffusa o decentrata, sconosciuta all’ordinamento, salva la riconduzione alla categoria della società di fatto). Sono esempi di token di pagamento: Bitcoin, Litcoin, Ether (in attesa del lancio di Libra, previsto per l’anno 2020). (ii) Token di accesso a un servizio o altra utilità (utility token). Si tratta di token che offrono accesso a un servizio digitale o che conferiscono altro vantaggio al titolare (e.g. il sottoscrittore del token ottiene spazio di memoria su un disco diffuso o condiviso). Può trattarsi di qualcosa di molto simile a voucherdigitali che incorporano il diritto a ricevere una prestazione, come un facere, o comunque una prestazione materiale o immateriale diversa da un utile conseguente a un investimento. Moltissimi sono gli utility token acquistabili nell’ambito dei videogiochi: l’utente finanzia l’intrapresa di programmazione del gioco e ottiene dei gettoni virtuali che nell’àmbito del gioco medesimo lo favoriscono rispetto ad altri giocatori. Come tali gli utility tokensi avvicinano più alla figura informale del buono con funzione di legittimazione, qui digitale, che a quella del prodotto o dello strumento finanziario. È un esempio di token di utilità Filecoin. (iii) Token di investimento (asset token o security token [30]), nei quali il token rappresenta un bene di investimento, come uno strumento di debito, di capitale o un derivato. Esso conferisce il diritto a ricevere una prestazione patrimoniale da unemittente di qualche tipo (anche diffuso) secondo le categorie [...]
L’emersione dei token si lega all’inarrestabile ascesa di un nuovo modello di raccolta del risparmio, le Initial Coin Offering (ICO). Una raccolta: (i) decentrata o, almeno, non necessariamente implicante la presenza di un emittente immediatamente riconoscibile; (ii) digitale, non solo nel senso di dematerializzata, ma giammai cartolare né connotata da alcuna realità; (iii) a-territoriale,perché l’offerta interviene in un ambiente virtuale come l’internet (internet-basedfinancial market [36]); eppure (iv) transnazionale, nel senso che di là dall’essere rivolta a soggetti che risiedono in più di un territorio-ordinamento, essa non si lega a nessun ordinamento in particolare, ma a tutti e a nessuno al contempo [37]. Vi sono alcune forme ricorrenti nel processo di collocamento. Il mercato sembra ritenere imprescindibile una forma di prospetto sui generis che prende il nome di libro bianco (white paper), il quale permette agli esperti del settore di conoscere le caratteristiche del progetto, ma certo non assolve le funzioni di tutela del risparmio, trasparenza e integrità del mercato cui mira la disciplina sul prospetto informativo. In un contesto siffatto è naturale che i regolatori si chiedano se questa fattispecie integri quella dell’offerta al pubblico di prodotti finanziari. Ma anche ove una ICO non sia il presupposto del collocamento, i regolatori sono chiamati a stabilire se i token siano prodotti, strumenti finanziari o altrafattispecie di rilievo per la disciplina positiva. Con due avvisi alla Commissione europea pubblicati il 9 gennaio 2019, laEuropean Banking Authority (EBA) e la European Securities and Market Authority (ESMA) hanno fatto propria la tripartizione a contenuto descrittivo ricordata e hanno offerto alcuni spunti circa l’inquadramento del fenomeno [38]. Per rimanere nel campo di indagine che qui ci si è proposti, ci si limiterà a richiamare ed esaminare l’avviso dell’ESMA [39]. In primo luogo, l’autorità ricorda la definizione di strumento finanziario (financialinstrument) e quella di valore mobiliare (transferable security) [40]. Poi evidenzia come tali definizioni implichino la necessaria compresenza dei caratteri della standardizzazione, della trasferibilità e della negoziabilità sul mercato. Caratteri di cui, secondo l’ESMA, un certo [...]
I token di pagamento come Bitcoin, sin dal 2013, sono stati ricondotti dallaBundesanstaltfürFinanzdienstleistungsaufsicht (BaFin) alla fattispecie delle unità di conto (Rechnungseinheiten). Queste sono strumenti finanziari ai sensi della legge bancaria (GesetzüberdasKreditwesen, d’ora in avanti KWG) [45], ma non anche delle disposizioni contenute nella disciplina tedesca di recepimento dellaMiFID. Di conseguenza, secondo BaFin, l’intermediazione di Bitcoin èsottoposta in Germania a riserva di attività, in particolare per quantoconcerne le attività di cambio con valute aventi corso legale [46]. Tuttavia, una recentissima sentenza sembrerebbe aver sconfessato la tesi, sul presupposto che per darsi unità di conto, il valore monetario da essa rappresentato dovrebbe avere un riconoscimento giuridico in almeno un ordinamento diverso da quello tedesco [47]. Con riguardo ai token di investimento, il discorso è in parte diverso. Nel febbraio del 2018, BaFin ha pubblicato una circolare su token e ICO [48] in cui afferma che i token possono qualificarsi, in base a valutazioni caso per caso, come strumenti finanziari. In un più recente documento [49],l’autorità sembra accederealla più volte citata tripartizione (payment token, investment token, utility token) pur non negando il ricorrere, nella prassi, di fenomeni di ibridazione.BaFin chiarisce pure che la legge tedesca non vieta le offerte pubbliche, né la promozione o la negoziazione di token sulla base di contrattazioni bilaterali o intermediate. Aggiunge, e il profilo qui interessa, che se un token è uno strumento finanziario, si deve applicare la disciplina del prospetto per le offerte e quella della MiFID per l’intermediazione e per la negoziazione. I token di investimento che presentino i caratteri degli strumenti di capitale o di debito possono rientrare nella nozione di strumento finanziario nel senso della legge tedesca su mercati e strumenti finanziari (Wertpapierhandelsgesetz, innanzi “WpHG”, ossia la disciplina che comprende le disposizioni di trasposizione della MiFID). Come accennato, il concetto di strumento finanziario di cui al KWG non è identico a quello enunciato dal WpHG. Sicché, se si prende il WpHG [50], per qualificarsi come strumento finanziarioun token deve essere: (i) trasferibile; (ii) negoziabile [...]
Secondo la dottrina francese prevalente, le cripto-monete, e quindi i token di pagamento, non sono moneta, né moneta elettronica, né strumento finanziario [56]. Con riguardo a questi ultimi, nessun token, tampoco quello di investimento, sarebbe sussumibile nei tipi enumerati dall’articolo L. 211-1 Code monétaire et financier: azioni, obbligazioni, quote di fondi, ecc. [57] Ciononostante, l’autorità di vigilanza sui mercati finanziari (AMF), in un documento del 2018 ha evidenziato come, non esistendo una definizione “chiusa” di derivato nell’ordinamento francese, alcuni token, il cui valore sia collegato a un sottostante, potrebbero rientrare nella categoria e quindi farsi strumenti finanziari [58] (cfr. l’analoga impostazione del Regno Unito [59]). In tempi recentissimi, una voce autorevole ha comunque evidenziato che ove un token di investimento conferisca diritti assimilabili a quelli conferiti da una delle tre fattispecie richiamate dall’art. 211-1 Code monétaire et financier, andrebbe soggetto alla relativa disciplina [60]. Il quadro in Francia è destinato a mutare con l’entrata in vigore, a luglio 2019, della nuova disciplina europea in materia di prospetto. Il nuovo regolamento, che sostituisce una direttiva che ha sin qui lasciato spazio alle definizioni nazionali francesi, lega l’obbligo di pubblicare un prospetto alla nozione ditransferable security di cui all’art. 4(1)(44) della MiFID II, e cioè ai «valori mobiliari», intesi comeampia e aperta categoria di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali. Donde la negoziabilità come carattere fondamentale: il punto è decisivoperché la nuova disciplina reintrodurrànell’ordinamento francese il termine valeursmobilières(traduzione in francese di transferable security) e lo sostituirà, nella disciplina del prospetto, a instrumentsfinancierscon il probabile effettodi riaprire la categoria e di imporre l’applicazione della disciplina del prospettoai token di investimento che posseggano il carattere della negoziabilità. Con riguardo ai token di pagamento, conviene richiamare l’orientamento secondo cui le cripto-monete possono essere considerate come attivi speculativi «Bitcoin est l’un desactifsspéculatifs, [...]
Per verificare se un investimento abbia natura finanziaria e sia, quindi, strumento finanziario (security) [62], negli Stati Unitisi richiede che il titolo superi il c.d. test di Howey [63]. Si è in presenza di uno strumento finanziario se: (i) vi è un investimento di denaro, (ii) l’investitore si attende un profitto, (iii) l’investimento è in un’impresa comune (iv) l’eventuale profitto dipende dallo sforzo di un promotore o di un terzo, nel senso che non è rimesso al caso e che si non richiede un’attivitàdell’investitore. La giurisprudenza è intervenuta su alcune nozioni essenziali del test. Sebbene il primo requisito richieda un investimento di denaro (money), in alcune pronunce si è chiarito comel’investimento di attivi diversi dal denaro (ad esempio, altri strumenti finanziari) sia da ritenersi equivalente [64]. Anche il concetto diimpresa comuneè stato interpretato in modo più o meno ampio, a seconda diepoche e fattispecie. In sintesi, si tende a riconoscere un’impresa comune laddove il denaro sia investito da più soggetti per realizzare un comune progetto. Il successo di questo deve poidipendere in concreto dagli sforzi (effort) di un soggetto terzo rispetto agli investitori, tipicamente, ma non necessariamente, un consiglio di amministrazione, secondo la classica dinamica di agency. Un caso interessante in cui la Securities Exchange Commission (SEC) ha ritenuto che si fosse in presenza di un token-strumento finanziario è quello dell’iniziativa posta in essere da The DecentralizedAutonomous Organization (in avanti, “The DAO”). La SEC ha definito la struttura di questa impresa digitale come una «organizzazione virtuale incorporata in un codice eseguito su un DLT o una blockchain» [65]. Pur essendo completamente decentrata, la struttura di The DAO è stata creata da soggetti che la SEC ha identificato nei fondatori di un’applicazione web (Slock.it) promotori di un progetto comune finanziato con l’emissione di DAO token, sottoscrivibili dietro pagamento non con moneta avente corso legale, ma con altra valuta virtuale (Ether). I DAO token attribuivano al titolare diritti di natura non solo patrimoniale, ma anche amministrativa (i.e. voto su alcuni argomenti).Inoltre, secondo le stesse intenzioni dei promotori, The DAO [...]
In Italia la questione definitoria si presenta forse più complessa. La categoria degli strumenti finanziari emerge con la disciplina europea. Avendo riguardo al diritto nazionale, la categoria è figlia, almeno adottiva, di quella dei valori mobiliari, estensione della categoria dei titoli di credito di massa. Nel sistema attuale, i valori mobiliari costituiscono una specie del genere strumento finanziario. La categoria degli strumenti finanziari è apparentementechiusa, nel senso che la legge offre una lista che può essere ampliata solo con legge o regolamento [75] (salvo che non la si ritenga riaperta dai derivati [76]). In ultimo,valori mobiliari e strumenti finanziari sono specie del più ampio genere prodotti finanziari, categoria aperta, anzi apertissima (l’art. 1, comma 1, lett. u) t.u.f. li definisce come «gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria»).È in questo complesso quadro che si deve stabilire se i token siano, e in che misura, strumenti o prodotti finanziari. Se, infatti, la disciplina del prospetto e dell’offerta pubblica si applicano a entrambe le fattispecie, numerose sono le disposizioni del t.u.f. e del t.u.b. che vengono in rilievo solo con riguardo agli strumenti e non anche ai prodottifinanziari [77]. In materia è pubblicato un precedente. Il Tribunale di Verona [78] si è pronunciato su di un caso di vendita di Bitcoin da parte di una società promotrice di una piattaforma di crowdfunding. In punto di qualificazione del rapporto contrattuale tra piattaforma e potenziali acquirenti, il Tribunale ha definito il Bitcoin quale strumento finanziario. In particolare, ha statuito: «Il nucleo liquido della vicenda, difatti, si incentra tutto sul rapporto (necessariamente contrattuale) che si perfezionò tra gli odierni attori e la società convenuta, in forza del quale [...] ebbe luogo il cambio di valuta reale con bitcoin (definito da attenta dottrina come uno ‘strumento finanziario utilizzato per compere una serie di particolari forme di transazioni online’ costituito da ‘una moneta che può essere coniata da qualunque utente ed è sfruttabile per compiere transazioni, possibili grazie ad un software open source e ad una rete peer to peer’)». La pronuncia sembra forzare la definizione di strumento finanziario, [...]
Con il conforto delle recentissime decisioni della Consob, si può sostenere che i token di investimento possano qualificarsi come prodotti finanziari. Ciò implica l’applicazione della disciplina sul prospetto, ma non anche quella di altri plessi normativi che l’ordinamento fa venire in rilievo esclusivamente per gli strumenti finanziari [84]. È invece difficile sostenere che i token siano strumenti finanziari. Si è detto, infatti, che sonostrumenti finanziari solo gli strumenti inclusi nel c.d. elenco MiFID, trasposto nella Sezione C dell’Allegato It.u.f. Si èperò ricordato che quell’elenco chiuso contiene alcune fattispecie forse aperte: valori mobiliari e derivati. Quanto ai valori mobiliari, il t.u.f. ne individua in particolare una che è sicuramente aperta: «categorie di valori che possono essere negoziati nelmercato dei capitali, quali ad esempio…» le azioni e le obbligazioni [85]. La locuzione “ad esempio” è chiara. Il novero dei valori mobiliari può essere integrato da nuove categorie di valori emessi in classi (i.e. la standardizzazione) che si caratterizzino per la negoziabilità su di un mercato [86]. La nozione italiana di valore mobiliare deriva, letteralmente, dal francese valeursmobilières, che all’inizio del secolo scorso coincideva con l’espressione titoli di massa, concetto diffusosi per distinguere i titoli standardizzati, rappresentanti una provvista collettiva, dai titoli di credito individuali [87]. Ora, anche se l’etimologia ha un valore limitato in un settore dell’ordinamento così stratificato, il concetto di valore mobiliare suggerisce il necessario ricorrere del carattere mobiliare, cioè di un bene mobile o a questo assimilabile, essenziale per l’applicazione di un regola di circolazione come quella fondata sul possesso di buona fede e sulla circolazione secondo lo schema della legittimazione che ne consegue. L’esperienza della dematerializzazione imposta per legge negli anni Novanta del secolo scorso ha aperto a fattispecie di circolazione dei valori mobiliari diverse dal trasferimento del possesso. L’apertura concettuale voluta dal legislatore ha così ammesso l’esistenza di valori che circolano secondo tecniche scritturali, che non richiedono la materiale apprensione di un bene. Non già [...]