La recente introduzione nel nostro ordinamento della possibilità di costituire dei portali per la raccolta del capitale di rischio da destinare a specifiche varianti di forme societarie (start-upinnovative) che il legislatore proclama spiccatamente votate all'innovazione tecnologica sembra essere solo una prima incompleta, macchinosa ed inadeguata traduzione normativa di un fenomeno economico che, seppur giovane, ha già assunto una notevole importanza ed ha dato prova di molteplici potenzialità applicative: ilcrowdfunding.
Con quest'articolo s'intende fornire un sintetico inquadramento delcrowdfundinge delle sue multiformi esplicazioni operative, quindi si procederà ad evidenziare alcune delle principali falle della normativa italiana ed infine si segnalerà taluni aspetti lasciati in ombra dalla recente novella e probabilmente bisognosi di attenzione normativa.
The recent introduction in the Italian legal system of the possibility to create portals for the collection of equity capital to be destined to a specific subset of corporate entities distinctly dedicated to technological innovation ("start-up innovative") seems to be just a first, incomplete, complex and improper juridical adaptation of an economic phenomenon that, despite its young age, has already become momentous, showing multiple potentials for practical use: crowdfunding.
Within this article it is given a short overview of crowdfunding and of its multifaceted operative applications; then, some of the main flaws of the Italian regulation are outlined and criticized. In the end, some aspects left out by the recent law that would have otherwise deserved more attention are individuated and discussed.
1. Il crowdfunding ed un legislatore “sordo” e “strabico”... - 2. Una problematica introduzione alle varie specie di crowdfunding e qualche cenno comparatistico - 3. Alcune considerazioni economiche (...e non solo) - 4. Soggetti e oggetti della regolamentazione italiana: ossia quando i fini non incontrano i mezzi - 5. Postilla sull’importanza del silenzio e su ciò che sarebbe stato meglio non tacere - NOTE
La recente introduzione nel nostro ordinamento [1] della possibilità di costituire dei portali per la raccolta del capitale di rischio da destinare a specifiche varianti di forme societarie (start-up innovative) che il legislatore proclama spiccatamente votate all'innovazione tecnologica sembra essere solo una prima incompleta, macchinosa ed inadeguata traduzione normativa di un fenomeno economico che, seppur giovane, ha già assunto una notevole importanza ed ha dato prova di molteplici potenzialità applicative: ilcrowdfunding (letteralmente: "finanziamento della folla"). Contrariamente a quanto è stato rilevato a prima lettura [2], invero, la disciplina italiana è ben lungi non solo dall'abbracciare l'intero spettro delle modalità realizzative delcrowdfunding, ma lascia altresì sorgere numerose e gravi perplessità sulla bontà delle scelte normative effettuate. Pare infatti che il legislatore italiano, il quale ha regolato solo una fattispecie - quella della partecipazione al capitale - senza però nulla dire sulle altre possibili esplicazioni, sia afflitto da uno serio processo di degradazione "sensoriale"; di seguito si cercherà di dimostrare che, oltre a recepire "ad orecchio" tendenze normative straniere [3], sul piano "visivo" scambia manifestazioni economiche rilevanti e degne della sua attenzione con altre, di minore momento. Nei successivi paragrafi, quindi, ci si propone di fornire un sintetico inquadramento giuridico-economicocrowdfundinge delle sue multiformi esplicazioni operative, quindi si procederà ad evidenziare alcune delle principali falle della normativa italiana ed infine si segnalerà taluni aspetti lasciati in ombra dalla recente novella e probabilmente bisognosi di attenzione normativa.
Definendo in maniera preliminare e sommaria il crowdfunding [4] sulla scorta dell'evidenza empirica come quella particolare modalità di reperimento attraverso una piattaforma informatica (e senza l'ausilio dei consueti intermediari) di piccoli contributi presso una moltitudine di potenziali sostenitori [5] in vista della realizzazione di una certa iniziativa, si possono immediatamente mettere a fuoco alcune delle caratteristiche fondanti dell'oggetto di queste riflessioni, e specialmente, per quanto ora interessa, la duttilità delcrowdfunding rispetto ai campi d'applicazione più vari e compositi (artistico, culturale, scientifico, giornalistico, politico, altruistico, imprenditoriale...), oltre che la centralità del mezzo informatico rispetto alle operazioni di raccolta. Se a questo primo approccio ricognitivo del tema si combina, inoltre, l'identificazione delle finalità sottese, sia dal lato di chi fa appello, sia da quello di chi contribuisce, e dei modi in cui esse influenzano la realizzazione della raccolta, si può cominciare a discernere gli aspetti innovativi delcrowdfundingrispetto ad altri canali di finanziamento e si possono illuminare i vari e talora anche fortemente eterogenei modelli che si celano sotto quest'unica etichetta. A quest'ultimo riguardo, si può prendere a prestito il lessico anglosassone (non solo in virtù dell'origine del fenomeno, ma anche per non imprimere inavvertitamente connotati causali ancora da sondare), in base al quale attualmente si suole distinguere quattro principali varianti di crowdfunding: il donation-based crowdfunding, il reward-based crowdfunding, lending-based crowdfunding, e, infine, l'equity-based crowdfunding [6] (senza contare la presenza di varie ibridazioni). Volendo brevemente illustrare queste modalità nelle loro forme "pure", si può rilevare che nel donation-based crowdfundinga fronte delle somme versate non è prevista alcuna forma di remunerazione. Sebbene da ciò sia relativamente facile intuire che tale schema sia precipuamente impiegato per fini caritatevoli e filantropici (ed in questo senso non rappresenta altro che una nuova etichetta che sta soppiantando il lemma fundraising), non si può omettere di riferire che esso ha altresì avuto un'ingente applicazione anche ad attività imprenditoriali [7]. Se in questa variante si possono agevolmente rinvenire [...]
La crescente diffusione tra gli operatori economici dell'appello internautico disintermediato (o a bassa intensità di intermediazione [25]) al micro finanziamento diffuso e la sua accentuata diversificazione derivano, da un lato, nell'inaccessibilità giuridico-economica - o comunque nella difficoltosa raggiungibilità - di altre e più convenzionali fonti di finanziamento (quali il credito bancario, il venture capital ed i business angels) [26], e, dall'altro, nell'onerosità legata all'accesso al mercato dei capitali [27]. Non solo, rispetto a tali fonti, il crowdfunding, specie nella sua applicazione ad iniziative imprenditoriali, presenta ulteriori e notevoli vantaggi, quali quello di poter saggiare preliminarmente il potenziale successo [28] presso il pubblico del bene o del servizio che si intende realizzare. Si risparmiano così i costi legati agli strumenti di analisi del mercato ottenendo al contempo una convalida della bontà del progetto agevolmente spendibile in seconda battuta presso gli investitori professionali. Il contatto sulle piattaforme informatiche contribuisce, quindi, a fornire un mezzo utile a colmare almeno in parte il divario informativo che separa gli operatori economici che alimentano l'offerta dai destinatari di essa; procura altresì la possibilità di stabilire con questi ultimi relazioni di natura collaborativa prima altrimenti precluse. L'incontro virtuale con i destinatari della propria attività produttiva, all'inverso, può mutare significativamente i processi decisionali e le strategie dell'imprenditore, spingendolo sovente a coinvolgerli attraverso isocial networks o attraverso le comunità predisposte dalle stesse piattaforme dicrowdfunding. In altre parole, e sempre con riferimento all'ambito imprenditoriale, il crowdfundingpuò contribuire in molti modi alla creazione ed all'accrescimento di valore sia sul piano economico-finanziario, ampliando le modalità di reperimento del capitale e riducendone il costo [29] o abbattendo i tempi del processo produttivo, sia sul piano relazionale-cognitivo, in quanto permette di ridurre - se utilizzato efficientemente - una serie di asimmetrie informative e di creare tra richiedente e contribuenti un reticolo di rapporti, anche di lungo termine, funzionali all'evoluzione dell'attività d'impresa. Cercando di attingere all'essenza del [...]
Per una curiosa forma di contrappasso, l'incipit degli enunciati normativi a carattere promozionale degli ultimi anni trabocca sempre più di altisonanti elencazioni di obiettivi, volte forse a coprire con la loro retorica la pochezza delle misure destinate a darvi effetto, ed il nostro caso non si esime. L'art. 25, primo comma, d.l. 179/2012 proclama infatti che "le presenti disposizioni sono dirette a favorire la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico, la nuova imprenditorialità e l'occupazione, in particolare giovanile, con riguardo alle imprese start-upinnovative [...]. Le disposizioni della presente sezione intendono contestualmente contribuire allo sviluppo di nuova cultura imprenditoriale, alla creazione di un contesto maggiormente favorevole all'innovazione, così come a promuovere maggiore mobilità sociale e ad attrarre in Italia talenti, imprese innovative e capitali dall'estero" [42]. Di fronte al corpo di regole che si dipana di seguito ed a quelle scaturite dal solerte intervento della CONSOB, però, nella mente dell'interprete le finalità quasi subito assumono la più dimessa veste di auspici, ben presto sepolti sotto una coltre di indici contraddittori [43]. Sicuramente, la semplificazione dell'accesso ai mercati finanziari poteva rappresentare uno strumento per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, ma il legislatore - barcollando - si è mosso in tutt'altra direzione [44]. In primo luogo, il congegno della start-upinnovativa (art. 25, secondo comma, d.l. cit.), quale unica destinataria delle raccolte realizzate mediante equity-based crowdfunding, ha fin da subito attratto le censure di tutti i commentatori [45]: già dal superficiale confronto con l'omologa disciplina americana spicca evidente questo vincolo. E così, ciò che nella mente del legislatore [46] doveva essere l'elemento trainante del nuovo sviluppo economico costruito intorno ad attività ad alto tasso di innovazione tecnologica, si tramuta inavvertitamente in una barriera. La razionalità della sua introduzione sfugge per più ragioni: per un verso, non si capisce perché solo queste società possano attingere a questa forma di finanziamento e non sia invece accessibile indiscriminatamente; per l'altro, non si può che ripetere un'osservazione (tratta dal buon senso, prima ancora che dalle scienze aziendalistiche) sulla [...]
Si allunga così nel nostro ordinamento giuridico la catena dei vani tentativi di intercettare la domanda di investimento dei risparmiatori e di farla incontrare con l'esigenza di finanziamento delle imprese: dalle azioni di risparmio del 1974, agli strumenti finanziari del 2003 fino ai "mini-bond" del 2012. Eppure, perplessità sulla convenienza e sulla bontà dell'equity-based crowdfundingpotevano già essere avanzate anche sulla scorta di una superficiale osservazione dei dati di mercato. Certo, non è del tutto vero che attraverso questo strumento l'impresa non possa creare, conservare o ripristinare valore con il contributo della folla. Sicuramente, però, assai difficilmente può farlo con l'attuale disciplina, la quale tutt'al più svolgerà un ruolo servente rispetto all'operatività dei tradizionali investitori professionali. Possono agevolmente immaginarsi varie possibili applicazioni, come, ad esempio, per sostenere l'espansione in un nuovo territorio di un'impresa già consolidata sul mercato, o per sviluppare una nuova linea di prodotti, o, in certi casi, per legare maggiormente alla gestione imprenditoriale i destinatari stessi dell'attività (ad esempio, nel settore dell'edilizia abitativa privata, similmente a quanto avviene nelle cooperative edili), o, ancora, per consentire la realizzazione di un workers buy-out [112]... L'approccio del d.l. 179/2012, tuttavia, è gravemente viziato nelle sue premesse e non si crede sia suscettibile di redenzione. Cosa si può fare allora? La risposta che si crede di suggerire consiste nel non dare per scontate certe considerazioni che vengono ripetute acriticamente da più parti e che hanno condotto alla disattenzione verso le altre facce delcrowdfunding. In special modo, non si condivide l'affermazione per cui ildonation-based crowdfundinged ilreward-based crowdfundingnon necessiterebbero di regolamentazione. Confessando immediatamente da parte di chi scrive la netta preferenza per una regolamentazione minimale e per principi, sembra comunque che alcuni semplici adattamenti (peraltro ispirati a prassi già affermate) potrebbero creare un ambiente sicuro per la loro espansione ed aprire gli scenari ad iniziative oggi ancora non immaginabili. Limitando le osservazioni che si svolgeranno a degli essenziali spunti di riflessione, si può ribadire la centralità dell'elemento progettuale in [...]