I. Perché "il diritto vivente in divenire" - II. Questioni sostanziali - 1. La forma del negozio fiduciario su beni immobili, con l'ulteriore questione della forma del trasferimento fiduciario di partecipazioni sociali. - 2. La nullità selettiva dei contratti di investimento. - 3. Lo swap degli enti locali. - 4. Invio dell’assegno per posta e concorso del fatto del debitore ex art. 1227 c.c. - 5. La prededuzione del subappaltatore negli appalti pubblici. - 6. Cartella di pagamento e beneficium excussionis ex art. 2304 c.c. - 7. Il rapporto di lavoro giornalistico. - 8. Fondi immobiliari chiusi ed aliquota ridotta per le imposte ipotecarie e catastali. - III. Questioni processuali - 1. La responsabilità della Consob e della Banca d’Italia per omessa vigilanza: questione di giurisdizione. - 2. Rapporti tra sezioni ordinarie e sezioni specializzate per l'impresa. - 3. Contratti bancari, decreto ingiuntivo ed onere di intraprendere il procedimento di mediazione. - 4. Proponibilità dell'azione revocatoria contro un fallimento. - 5. Ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione contro il decreto che decide sul reclamo avverso il riparto parziale. - 6. La rappresentanza processuale di Agenzia delle Entrate Riscossione.
Lo scopo della presente rubrica, che si inaugura in questo fascicolo nella sezione “Giurisprudenza delle Corti superiori”, è dare conto dei più recenti sviluppi della giurisprudenza di legittimità, e, ove possibile, di quelli ancora in divenire. Se l’ordinamento assegna alla Corte di cassazione il ruolo di esprimere «l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni» (art. 65 ord. giud.), essa vi concorre con le altre magistrature e con le corti sovranazionali. Da qualche tempo si assiste ad un’evoluzione nel ricorso ai criteri interpretativi, con una progressiva svalutazione di quello puramente letterale (e non è un caso che lo stesso avviene per l’interpretazione del contratto), sino ad affermare che l’art. 12 delle preleggi persegua soprattutto il fine della coerenza della norma e del sistema. Al canone dell’interpretazione logico-sistematica si dà, così, rilievo preminente, nella ricerca della coerenza entro il settore specifico (ratio legis), nonché con i principî costituzionali e con i principî generali dell’ordinamento (ratio iuris). Il “diritto vivente”, come risulta dalle pronunce della Cassazione, finisce in tal modo per integrare l’ordinamento. Ma le pronunce dei giudici sono delimitate dalla soluzione della questione sottoposta (il thema decidendum), né possono ambire a sistema, specie ove individualmente considerate. La ricostruzione di un sistema, normativo e concettuale, efficiente è però ineludibile, tanto più a fronte, proprio nel diritto dell’economia, di tante norme e concetti di derivazione europea, di taglio pragmatico e non di rado provenienti da sistemi giuridici segnati da una tendenziale sottoteorizzazione. Una volta ricondotta l’interpretazione della disposizione (bandito ogni eccesso di interpretazione creativa) a rinvenire quella più corretta all’interno del range permesso dall’enunciato positivo – e non, semplicemente, di una tra le tante interpretazioni possibili – il contributo degli esponenti dell’accademia si palesa quanto mai prezioso: ad essi spetta di concorrere con le corti alla ricostruzione di una dogmatica fruibile, preservando il valore della [...]
Cass., sez. II, ord. interl., 5.8.2019, n. 20934 (Pres. Manna, est. Grasso) 1. – La questione. È stata rimessa alle Sezioni unite la questione concernente la necessità, a pena di nullità, della forma scritta per il negozio fiduciario che riguardi diritti reali immobiliari. L’udienza pubblica innanzi alle Sezioni unite è fissata per il giorno 28 gennaio 2020. 2. – La tesi dominante sul trasferimento di beni immobili. Al riguardo, la tesi pressoché unanime afferma che l’intestazione fiduciaria di un bene comporta un vero e proprio trasferimento in favore del fiduciario, sebbene limitato dagli obblighi stabiliti a carico del medesimo, ivi compreso quello del trasferimento: onde il pactum fiduciae deve risultare, allorché abbia ad oggetto beni immobili, da un atto in forma scritta ad substantiam, atteso che esso è sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare, per il quale l’art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma del contratto definitivo (Cass., ord., sez. I, 11 aprile 2018, n. 9010, in Dir. fall., 2018, 951, con nota di NICITA, in tema di fallimento del fiduciario; Cass., ord., sez. II, 25 maggio 2017, n. 13216, inedita; Cass., sez. II, 9 maggio 2011, n. 10163, in Giur. it., 2012, 1045, con nota di MICHETTI, la quale esclude quindi la possibilità che l’atto scritto venga sostituito dalla confessione dell’altra parte; Cass., sez. II, 7 aprile 2011, n. 8001, in Riv. not., 2011, 1428; Cass., 13 ottobre 2004, n. 20198, in Contr., 2005, 437, con nota di VALENTINI; Cass., 19 luglio 2000, n. 9489, in Dir. fall., 2000, II, 1099, con nota di RAGUSA MAGGIORE; Cass., 29 maggio 1993, n. 6024, in Corr. giur., 1993, 855, con nota di CARBONE). Ne deriva che l’esistenza del patto scritto non può essere semplicemente desunta da altri documenti scritti che, sia pure implicitamente, ne lasciano solo presumere l’esistenza, ai sensi degli artt. 2725, secondo comma, e 2729, secondo comma, c.c. (Cass., ord., sez. I, 11 aprile 2018, n. 9010, cit.). 3. – La possibilità di ravvisare un negozio unilaterale di assunzione dell’obbligo di ritrasferimento. Dall’altro lato, una sola decisione – che l’ordinanza di rimessione n. 20934/2019 considera in contrasto con la tesi prevalente – si segnala per avere riguardo [...]
Cass., sez. un., 4.11.2019, n. 28314 (Pres. Mammone, est. Acierno) Cass., sez. I, ord. interl. 2.10.2018, n. 23927 (Pres. Schirò, Rel. Valitutti) 1. – La questione. La sezione prima ha rimesso all’esame del primo presidente, per la valutazione dell’eventuale assegnazione alle sezioni unite, la questione di massima di particolare importanza concernente la possibilità per l’investitore di fare un uso selettivo della nullità del contratto quadro, limitandone gli effetti solo ad alcune delle operazioni poste in essere in esecuzione del rapporto dichiarato nullo. 2. – I precedenti non univoci. La possibilità di eccepire la nullità soltanto con riguardo ad alcuni ordini di acquisto era stata decisa con ampia tolleranza da una sentenza, secondo cui l’investitore ben potrebbe regolarsi in tal modo in qualsiasi evenienza e con qualunque effetto finale (Cass. 27 aprile 2016, n. 8395). In senso diverso, si era invece rilevata l’esigenza di scongiurare uno «sfruttamento “opportunistico” della normativa di tutela dell’investitore», con eventuale possibilità per l’intermediario di opporre l’exceptio doli generalis, in ipotesi di mala fede (Cass., ord., sez. I, 27 aprile 2017, n. 10447, in Foro it., 2017, I, 2731, con nota di LA ROCCA; Società, 2017, 1243, con nota di AFFERNI; Dir. banc., 2017, I, 553, con nota di ROMANO; Nuova giur. civ., 2017, 1370, con nota di AMAGLIANI; Banca, borsa, tit. cred., 2017, II, 535, con nota di TUCCI, GIROLAMI; Foro it., 2018, I, 289, con nota di MEDICI). Se ne era desunto che, una volta dichiarata la nullità del contratto d’investimento, il venir meno della causa giustificativa delle attribuzioni patrimoniali comporti l’applicazione della disciplina dell’indebito oggettivo, di cui agli art. 2033 ss. c.c., con il conseguente sorgere dell’obbligo restitutorio reciproco, subordinato alla domanda di parte ed all’assolvimento degli oneri di allegazione e di prova, con conseguente applicazione della compensazione fra i reciproci debiti sino alla loro concorrenza (Cass., ord., sez. I, 16 marzo 2018, n. 6664, in Foro it., 2018, I, 3246 e Contratti, 2018, 543, con nota di CICATELLI). L’ordinanza interlocutoria ha, dunque, rimesso la questione alle Sezioni unite. La causa [...]
Cass., sez. I, ord. interl. 10.1.2019, n. 493 (Pres. De Chiara, rel. Falabella) 1. – Le questioni. La prima sezione civile ha sollecitato l’intervento delle Sezioni unite sui seguenti punti: «se lo swap, in particolare quello che preveda un upfront – e non sia disciplinato ratione temporis dalla l. n. 133/2008, di conversione del d.l. n. 112/2008 – costituisca per l’ente locale un’operazione che generi un indebitamento per finanziare spese diverse da quelle di investimento, a norma dell’art. 30, comma 15, l. n. 289/2002; se la stipula del relativo contratto rientri nella competenza riservata al Consiglio comunale implicando una delibera di spesa che impegni i bilanci per gli esercizi successivi, giusta l’art. 42, comma 2, lett. i), t.u.e.l.». Si tratta un tema decisivo per le finanze dei comuni, sia con riguardo alla possibilità di qualificare l’assunzione dell’impegno dell’ente locale come indebitamento finalizzato a finanziare spese diverse dall’investimento; sia quanto alla individuazione dell’organo tenuto a deliberare l’operazione. L’ordinanza rileva che il tema ha grande rilievo sia sul piano pratico, nell’ambito del contenzioso tra gli intermediari e gli enti locali in tema di derivati (spesso per flussi monetari di notevole consistenza), sia perché su di esso la Corte dei conti, nelle diverse articolazioni amministrativa e giurisdizionale, ed il Consiglio di Stato hanno fornito risposte contrastanti. L’udienza pubblica si è tenuta innanzi alle Sezioni unite il giorno 8 ottobre 2019. 2. – Riferimenti. Si vedano, in materia, fra le più recenti, Cass., sez. un., 5 aprile 2019, n. 9680, inedita, in tema di limiti esterni alla giurisdizione del giudice contabile, non violati allorché esso censuri non la scelta amministrativa adottata, bensì il modo con cui è stata attuata, in occasione della ristrutturazione dell’indebitamento di un comune mediante la stipulazione di un contratto di finanza derivata; e Corte conti, sez. contr. reg. Liguria, 10 gennaio 2018, n. 1, in Riv. Corte Conti, 2018, n. 1, 170, sulla responsabilità del personale degli enti locali.
Cass., sez. I, ord. int. 3.9.2019, n. 22016 (Pres. De Chiara, est. Nazzicone) Cass., sez. I, ord. int. 3.9.2019, n. 22015 (Pres. De Chiara, est. Nazzicone) Cass., sez. I, ord. int. 5.8.2019, n. 20900 (Pres. De Chiara, est. Solaini) 1. – La questione. È stata rimessa alle Sezioni unite (udienza pubblica del 17 dicembre 2019) la seguente questione, reputata di particolare importanza anche tenuto conto della sua rilevanza pratica: «se possa ravvisarsi un concorso del danneggiato, ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., nella spedizione di un assegno a mezzo posta – sia essa ordinaria, raccomandata o assicurata – con riguardo al pregiudizio patito dal debitore che non sia liberato dal pagamento, in quanto il titolo venga trafugato e pagato a soggetto non legittimato in base alla legge cartolare di circolazione». Le ordinanze di rimessione sono tre, tutte assunte alla medesima udienza. 2. – I precedenti di legittimità. Alcuni precedenti si erano già occupati del tema della concorrente responsabilità di chi abbia spedito l’assegno a mezzo posta, al fine di escluderla: vuoi che l’inoltro sia avvenuto con lettera raccomandata (Cass., 30 marzo 2010, n. 7618, in Danno resp., 2010, 897, con nota di BENEDETTI, Giur. it., 2010, 2339 e Banca, borsa, tit. cred., 2011, II, 677, con nota di GHERARDI; Cass., 16 maggio 2003, n. 7653, in Giust. civ., 2004, I, 3017, con nota di SEVERINI, sul punto non massimata; nonché, ma in mero obiter, Cass., ord. 22 agosto 2018, n. 20911, non massimata e non edita), vuoi per posta ordinaria (Cass., ord., 15 maggio 2019, n. 12984; Cass., ord. 17 gennaio 2019, n. 1049; Cass., 1° febbraio 2018, n. 2520; Cass., 4 novembre 2014, n. 23460, tutte inedite e non massimate). Dall’altro lato, da alcune decisioni è stata confermata la sentenza di merito, che aveva ravvisato il concorso di colpa nella misura della metà in capo a chi aveva inviato il titolo per posta ordinaria, ma avendo reputato «inammissibili le censure intese a sindacare l’accertamento di fatto compiuto dal giudice del merito in ordine all’esistenza di tale concorso» (Cass., 2 dicembre 2016, n. 24659 e Cass., 22 febbraio 2016, n. 3406, inedite); simile il percorso logico della ordinanza più recente (Cass., ord. 11 marzo 2019, n. 6979). Le ordinanze di [...]
Cass., sez. I, ord. interl. 12.7.2019, n. 18837 (Pres. Genovese, est. Terrusi) Cass., sez. I, ord. interl. 23.72019, n. 19877 (Pres. Genovese, est. Pazzi) 1. – La questione. Le due ordinanze interlocutorie (entrambe decise all’udienza del 4 giugno 2019), hanno rimesso alle Sezioni unite la seguente questione: «se, ove residui un credito dell’appaltatore verso l’amministrazione appaltante e l’amministrazione abbia in base al contratto opposto la condizione di esigibilità di cui all’art. 118 del d.lgs. n. 163 del 2006, il curatore, che voglia incrementare l’attivo, debba subire o meno, sul piano della concreta funzionalità rispetto agli interessi della massa, la prededuzione del subappaltatore». Occorre ricordare che il problema concerne i rapporti tra l’istituto fallimentare della prededuzione e l’art. 118, terzo comma, d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17-CE e 2004/18-CE, abrogato dal d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ma nel caso di specie applicabile. In sostanza, il disposto dell’art. 118, terzo comma, del codice dei contratti pubblici del 2006 impone la sospensione dei pagamenti della stazione appaltante in favore dell’appaltatore, in attesa delle fatture dei pagamenti di quest’ultimo al subappaltatore. Pertanto, ove sopravvenga il fallimento dell’appaltatore allorché sia stato concluso il subappalto, la disposizione va coordinata con l’art. 111, ultimo comma, legge fall., secondo il quale sono considerati crediti prededucibili quelli «sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali». 2. – I precedenti di legittimità. In passato, alcune decisioni (Cass., sez. I, 5 marzo 2012, n. 3402, in Riv. trim. app., 2012, 237, con nota di BARBIERI e Giust. civ., 2012, I, 1217; e, quindi, Cass., sez. I, 7 marzo 2013, n. 5705; Cass., ord., 16 febbraio 2016, n. 3003; Cass., ord., 22 marzo 2017, n. 7392; Cass., 22 giugno 2017, n. 15479, inedite) hanno ritenuto che la prededucibilità dei crediti nel fallimento richiede il nesso con la procedura concorsuale, non soltanto con riguardo al sorgere del credito, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, rientri negli [...]
Cass., ord. int., sez. V, 30.72019, n. 20494 (Pres. Locatelli, est. Condello) 1. – La questione. Viene rimessa alle S.U. la questione se l’eccezione di omessa preventiva escussione del patrimonio della società possa essere sollevata dal socio solo in fase di riscossione coattiva, oppure anche in sede di opposizione alla cartella di pagamento, in quanto atto che preannuncia l’esecuzione forzata. 2. – I precedenti. L’ordinanza interlocutoria ricorda un primo indirizzo, di lunga durata, secondo cui il beneficio d’escussione di cui all’art. 2304 c.c. non osta all’emissione ed alla notifica al socio della cartella di pagamento, in quanto quest’ultima non è atto esecutivo, ma conclusivo di un procedimento volto alla formazione di quel titolo esecutivo e che, semmai, “preannuncia” l’esercizio dell’azione esecutiva (Cass., ord., 24 gennaio 2019, n. 1996; Cass., 21 dicembre 2016, n. 26549; Cass., 29 luglio 2016, n. 15966; Cass., ord. 16 giugno 2016, n. 12494; Cass., ord. 22 giugno 2015, n. 12839; Cass., 5 dicembre 2014, n. 25764; Cass., 3 gennaio 2014, n. 49; Cass., 16 gennaio 2009, n. 1040). Un diverso orientamento afferma, viceversa, che, in caso di ricorso al procedimento mediante ruolo, il contribuente può opporre il beneficium excussionis quando riceva la notificazione della cartella, in quanto l’iscrizione a ruolo avvenuta in violazione del beneficium excussionis è illegittima e tale illegittimità si riverbera sulla notificazione della cartella, determinandone un vizio proprio (Cass., sez. V, 31 gennaio 2019, n. 2878; Cass., sez. V, 27 settembre 2018, n. 23260; Cass., sez. V, 27 febbraio 2017, n. 4959). 3. – Le specificità del processo tributario. Evidenzia l’ordinanza di rimessione come, a differenza del creditore ordinario, nell’ordinamento tributario la cartella di pagamento va notificata entro il termine di decadenza previsto dall’art. 25 d.p.r. n. 602 del 1973 (due anni dalla data in cui sono divenuti definitivi gli accertamenti effettuati dall’Ufficio): onde, se fosse inammissibile la notifica della cartella di pagamento al socio in virtù del beneficio d’escussione, è probabile il maturare della decadenza.
Cass., sez. lav., ord. int. 24.52019, n. 14262 (Pres. Balestrieri, rel. Ponterio) 1. – La questione giuridica. L’ordinanza pone la questione se, ai fini di un valido rapporto di lavoro subordinato giornalistico quale collaboratore fisso, sia necessaria l’iscrizione nell’elenco professionisti dell’albo dei giornalisti, oppure sia sufficiente l’iscrizione nell’elenco pubblicisti del predetto albo. Il lavoro giornalistico è disciplinato dalla legge n. 69 del 1963, Ordinamento della professione di giornalista, il cui art. 1 distingue tra «giornalisti professionisti» e «pubblicisti», iscritti nei rispettivi elenchi dell’albo. Interpretando la relativa disciplina, è costante l’affermazione della nullità del contratto allorché l’attività di giornalista professionista sia espletata di fatto da soggetto non iscritto nell’elenco dei professionisti (l’ordinanza interlocutoria ricorda Cass. n. 5370 del 1998; n. 7020 del 2000; 12820 del 2002; n. 23472 del 2007; n. 21884 del 2016; n. 10158 del 2017) ed una recente decisione ha esteso il principio, oltre che all’esercizio dell’attività giornalistica di redattore ordinario, a quella di mero collaboratore fisso (Cass., sez. lav., 4 febbraio 2019, n. 3177), posto che «l’attività di giornalista svolta da un collaboratore fisso in modo continuativo ed esclusivo a scopo di guadagno, rientra pur sempre nel concetto di professione di giornalista e, in quanto tale, è bisognosa di previa iscrizione nell’elenco dei giornalisti professionisti a pena di nullità del contratto». L’ordinanza interlocutoria manifesta insoddisfazione per tale orientamento, e, per prevenire un contrasto, rimette la questione alle S.U., dove l’udienza pubblica si è tenuta il 5 novembre 2019.
Cass., sez. trib., ord. interl. 7.6.2019, n. 15433 (Pres. Di Iasi, Rel. Penta) 1. – La questione sottoposta alla Corte di giustizia UE. L’ordinanza rileva che non risultano precedenti esegesi pregiudiziali da parte della Corte di giustizia, lasciando l’ambito applicativo dell’art. 35, comma 10-ter, d.l. n. 223 del 2006 spazio a fraintendimenti, onde pone il seguente quesito: «se il diritto comunitario – ed in particolare le disposizioni del Trattato in materia di libertà di stabilimento e di libera circolazione dei capitali, come interpretate da codesta Corte – ostino all’applicazione di una disposizione del diritto nazionale, come quella di cui all’art. 35, comma 10-ter, d.l. n. 223 del 2006 (nella parte in cui limita ai fondi di investimento immobiliare chiusi l’agevolazione delle imposte ipotecarie e catastali)». 2. – Il rilievo di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale. Il Collegio in primis dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 35, comma 10-ter, d.l. n. 223 del 2006, (convertito, con modificazioni, nella l. n. 248 del 2006), in relazione ai principî di uguaglianza e di progressività dell’imposizione, di cui agli artt. 3 e 53 Cost., nella parte in cui tale norma prevede il dimezzamento delle aliquote delle imposte ipotecaria e catastale per gli acquisti di beni immobili strumentali limitatamente ai fondi immobiliari c.d. chiusi. Reputa, invero, l’ordinanza che costituisce una scelta discrezionale insindacabile la concessione della agevolazione fiscale in relazione all’unica tipologia di fondi di investimento immobiliari prevista e disciplinata nel panorama normativo italiano. «Le differenze riscontrabili tra i due tipi di fondi (“chiusi” e “aperti”) giustifica la diversa imposizione ed è sufficiente ad escludere l’irrazionalità o l’arbitrarietà della norma, attesa l’ampia discrezionalità riservata al legislatore nell’individuazione dei presupposti per il godimento di agevolazioni (v., tra le altre, Cass. 1105/2008, 16248/07, 4620/03, 3971/02). Il preteso effetto distorsivo di natura economica che la ricorrente ritiene generato dalla esposta interpretazione della norma non risulta rilevante sotto il profilo costituzionale, costituendo il [...]
1. – Il regolamento preventivo R.G. n. 8896/19 sulla giurisdizione nei confronti delle autorità indipendenti. È fissata per il giorno 3 dicembre 2019 la pubblica udienza innanzi alle Sezioni unite, concernente il regolamento preventivo di giurisdizione – del giudice ordinario oppure del giudice amministrativo – sulla domanda di risarcimento del danno per omessa vigilanza, proposta dagli investitori finanziari contro la Consob e la Banca d’Italia, sostenendo i primi la giurisdizione del g.o. e Banca d’Italia quella del g.a. In argomento un precedente, reso del pari in sede di regolamento preventivo (Cass., ord., sez. un., 18 maggio 2015, n. 10095, in Giur. comm., 2016, II, 511, con nota di ROMANI, e Riv. dir. comm., 2016, II, 473, con nota di LOMBARDI) ha affermato che appartiene al giudice amministrativo la giurisdizione sulla domanda volta ad imporre alla Consob di esercitare i poteri di vigilanza di cui dispone affinché ulteriori danni non si producano, trattandosi di un comportamento dell’amministrazione destinato necessariamente ad estrinsecarsi in provvedimenti previsti dalla legge, quindi non riducibile alla sua semplice materialità; ed ha disatteso la configurabilità di tale pretesa come meramente ricompresa in quella risarcitoria, quale domanda di risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c. In tale occasione, la S.C. ha enunciato vari principî, quali: – la pretesa a che un’autorità amministrativa eserciti i poteri che la legge le assegna per la tutela di un interesse pubblico non si configura come diritto soggettivo di colui il quale quella pretesa voglia far valere in giudizio, né quanto all’an, né quanto ai tempi e modi del suo esercizio; – può solo eventualmente qualificarsi come interesse legittimo (fermo che è rimesso al g.a. stabilire se, in concreto, esso sia davvero configurabile o se invece si tratti di un interesse di mero fatto) la situazione soggettiva del privato ad ottenere o a conservare un bene della vita, quando esso viene a confronto con un potere attribuito dalla legge all’amministrazione non per la soddisfazione proprio di quell’interesse individuale, ma di un interesse pubblico che lo ricomprende, per la realizzazione del quale l’amministrazione è dotata di discrezionalità: e proprio questa è la situazione [...]
Cass., sez. un., 23.72019, n. 19882 (Pres. Spirito, est. Di Virgilio) Cass., ord. interl., sez. I, 30.1.2019, n. 2723 (Pres. De Chiara, Rel. Nazzicone) Rimessa al primo presidente, per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite, la questione se il rapporto tra le sezioni ordinarie e le specializzate in materia d’impresa dello stesso tribunale debba configurarsi in termini di competenza ovvero di mera ripartizione interna degli affari giurisdizionali, le Sezioni unite hanno enunciato il seguente principio di diritto: «Il rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata in materia di impresa, nello specifico caso in cui entrambe le sezioni facciano parte del medesimo ufficio giudiziario, non attiene alla competenza, ma rientra nella mera ripartizione degli affari interni all’ufficio giudiziario, da cui l’inammissibilità del regolamento di competenza, richiesto d’ufficio ai sensi dell’art. 45 c.p.c.; rientra, invece, nell’ambito della competenza in senso proprio la relazione tra la sezione specializzata in materia di impresa e l’ufficio giudiziario diverso da quello ove la prima sia istituita».
Cass., sez. III, ord. interl. 12.7.2019, n. 18741 (Pres. Vivaldi, est. Scoditti) 1. – La questione. L’ordinanza ha rimesso al P.P., per l’eventuale asegnazione alle Sezioni unite, la questione di particolare importanza, anche per la «vastità del contenzioso interessato dalla mediazione (condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari), ed il diffuso ricorso al procedimento monitorio». Nella specie si tratta del contratto bancario di conto corrente, per i quali l’art. 5 d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 impone il preliminare procedimento di mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda. Ora, il punto è chi – opposto od opponente – sia il soggetto onerato. Da un lato, si è infatti sostenuto che l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione gravi sulla parte opponente, soggetto interessato ad evitare la definitività del decreto ingiuntivo (Cass., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 24629, fra l’altro in Foro it., 2016, I, 1319, con nota di BRUNIALTI, DALFINO, Giur. it., 2016, 71, con nota di BENIGNI e Riv. dir. proc., 2016, 1283, con nota di BALENA). Ma altra tesi, sostenuta specie in dottrina, rileva come l’onere dovrebbe invece gravare sul creditore, vero attore in senso sostanziale. Si è in attesa della fissazione della pubblica udienza.
Cass., sez. I, ord. interl. 23.7.2019, n. 19881 (Pres. Didone, est. Amatore) 1. – La questione. Il quesito concerne la proponibilità dell’azione revocatoria nei confronti di un fallimento, in relazione al c.d. principio di cristallizzazione del passivo alla data di apertura del concorso. 2. – L’orientamento attuale. La tesi negativa, anche di recente riaffermata, è stata espressa da chi (cfr. Cass., sez. un., 23 novembre 2018, n. 30416, in www.lanuovaproceduracivile.com, 2019; Cass. 8 marzo 2012, n. 3672; Cass. 12 maggio 2011, n. 10486, in Giust. civ., 2011, I, 2305) reputa prevalente detto ultimo principio, in una con il carattere costitutivo dell’azione revocatoria, ordinaria e fallimentare. L’ordinanza dubita, però, della fondatezza di tale opinione, rinviando che l’insoddisfazione deriva, sul piano dogmatico e su quello più strettamente pratico-applicativo, anche dalle osservazioni avanzate al riguardo dalla dottrina. Ciò, ricordando altresì le novità introdotte dal «Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza», in particolare dall’art. 290, terzo comma, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, che l’ordinanza pretende di richiamare «a fini interpretativi e ricostruttivi, perché, da un lato, la stessa fa ora parte integrante dell’ordinamento positivo (nonostante la lunga vacatio legis prevista) e perché, dall’altro, segna un’evidente incrinatura nelle argomentazioni spese dalle Sezioni Unite nel precedente arresto», e sostiene dunque «la natura generalizzante del principio dell’ammissibilità dell’azione revocatoria nei confronti di altre procedure di liquidazione giudiziale, anche al di là dei ristretti ed angusti limiti delle azioni esercitate “infragruppo”». Ma sia permesso avanzare qualche dubbio sulla correttezza di una simile operazione ermeneutica. In tema, v. G. LO CASCIO, Revocatoria ordinaria e fallimentare promossa tra fallimenti: rimessione alle sezioni unite, in Fallimento, 2018, 707, concernente la precedente ordinanza interlocutoria, che aveva dato àdito al citato arresto delle sezioni unite.
Cass., sez. un., 26.9.2019, n. 24068 (Pres. Manna, est. Genovese) Cass,, sez. I, ord. interl. 13.4.2018, n. 9250 (Pres. Didone, rel. Ferro) 1. – La questione. Le sezioni unite hanno dato risposta positiva al quesito se – una volta escluso, ai sensi dell’art. 26 l. fall., che il decreto pronunciato dal tribunale in sede di reclamo avverso un provvedimento del giudice delegato sia a sua volta impugnabile con ulteriore reclamo alla corte d’appello – sia ammesso il ricorso straordinario innanzi alla Corte di cassazione della decisione assunta dal tribunale sulle impugnative endoconcorsuali al piano di riparto. Il quesito, rimesso dalla ordinanza interlocutoria Cass. 13 aprile 2018, n. 9250, era il seguente: «se sia ammissibile il ricorso per cassazione, ex art. 111, comma settimo, Cost., nei confronti del decreto del tribunale fallimentare che, decidendo sul reclamo contro il provvedimento del giudice delegato, abbia ordinato l’esecuzione del piano di riparto parziale, avuto riguardo alla sua idoneità a stabilire, in maniera irreversibile o meno, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell’attivo fino a quel momento disponibile e, dall’altro, il diritto degli altri interessati ad ottenere gli accantonamenti nei casi previsti dall’art. 113 l.fall.». Le Sezioni unite hanno risposto, pronunciando i seguenti principî di diritto: «Il decreto del Tribunale che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale, pronunciato sul reclamo avente ad oggetto il provvedimento del giudice delegato, nella parte in cui decide la controversia concernente, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell’attivo fino a quel momento disponibile e, dall’altro, il diritto degli ulteriori interessati ad ottenere gli accantonamenti delle somme necessarie al soddisfacimento dei propri crediti, nei casi previsti dall’art. 113 l.fall., si connota per i caratteri della [...]