Rivista Orizzonti del Diritto CommercialeISSN 2282-667X
G. Giappichelli Editore

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Anche i codici di commercio passano (di Jorge Manuel Coutinho de Abreu)


Nell'articolo si prendono in considerazione diverse esperienze di codificazione della materia giuscommercialistica tra elaborazione di codici ad hoc ed inserimento della disciplina all'interno dei codici civili. L'autore delinea una tendenza, di cui ritiene auspicabile la prosecuzione, nel senso di un progressivo abbandono della codificazione specialistica commerciale, e di una conseguente riunificazione del diritto civile.

Commercial Codes Pass, Too

The article deals with different experiences in the field of codification in the area of business and commercial law. Rules in the field of business law in civil law systems are usually placed in specific commercial Codes, or contained in general civil Codes. The author draws a trend, and advocates for its continuation, regarding a general withdrawal of specific commercial codification, in favour of the presence of commercial norms in civil Codes, with a general reunification of private law.

KEYWORDS: Commercial Law - Commercial Codes - Unification of Private Law

* Originale in lingua portoghese. Traduzione di Alessio Bartolacelli.

Sommario/Summary:

1. Il diritto commerciale prima dei codici di commercio - 2. L’era dei codici di commercio - 3. Tendenze nella direzione dell’unificazione del diritto privato - 4. Codici commerciali e decodificazione - 5. Tra l’unificazione del diritto privato e la decodificazione: spazio per la (ri)codificazione commerciale? - 6. Per altre conversazioni - NOTE


1. Il diritto commerciale prima dei codici di commercio

Il diritto commerciale per molti secoli si è formato e sviluppato senza codificazioni legali generali. In realtà, un diritto commerciale in senso stretto, come corpo o sistema normativo (sostanzialmente) autonomo, "speciale" in relazione al diritto "comune", regolatore dell'attività commerciale, è nato nel secolo XII (ed è cresciuto nei secoli successivi), dapprima in città italiane, poi in varie regioni della Catalogna, della Francia, ecc. La paternità di tale diritto è da ascrivere alla borghesia commerciale e finanziaria, che non ebbe la necessità di una intermediazione da parte del potere politico, né di leggi speciali da questo emanate[1]. In quella epoca medioevale, i (grandi) mercanti e le loro corporazioni forgiarono e/o svilupparono regole, istituti e principi giuridici innovatori come la libertà di forma dei contratti commerciali, il rafforzamento del credito commerciale (con accento posto sull'istituto del fallimento), gli ausiliari di commercio (amministratori, cassieri, agenti, commissari), vari istituti di diritto della navigazione, i segni distintivi del commercio (ditta, nome, insegna di stabilimento commerciale), le scritture contabili commerciali, le lettere di cambio, le assicurazioni (principalmente marittime), le società in accomandita e in nome collettivo. Nell'epoca moderna, nonostante la statalizzazione/nazionalizzazione del diritto commerciale, questo ha continuato a svilupparsi - si ricordino le compagnie coloniali privilegiate del Seicento e del Settecento, archetipi delle società per azioni odierne - prescindendo dalla codificazione legale. Con l'eccezione, forse, delle ordonnances di commercio (1673) e della marina (1681) di Colbert, primo complesso normativo generale in materia commerciale.


2. L’era dei codici di commercio

Il secolo XIX è l'epoca dei codici. Ma ancora dei codici di commercio. Senza uscire d'Europa, vari Paesi hanno in quel periodo avuto due codici di commercio (e un codice civile): ad esempio, Spagna (1829, 1885), Portogallo (1833, 1888), Germania (1861, 1897), Italia (1865, 1882). Già qui si verifica il fenomeno del passaggio, o esaurimento, dei codici commerciali. Si tratta tuttavia di passaggio di testimone, di scomparsa di un codice perché il successivo prenda il suo posto. Il primo di tali codici fu quello francese del 1807. Dovendo molto alle ordonnances di Colbert, era il codice della borghesia commerciale e finanziaria, ma già anche della nascente borghesia industriale. Il diritto commerciale si consolidava allora come forza centripeta: attraeva i settori di attività economica più dinamici e progressisti, insoddisfatti del conservatorismo immobilista ed immobiliare dei codici civili. Si noti, tuttavia, che il codice francese con conteneva la disciplina generale dei contratti e delle obbligazioni commerciali e regolava specificamente pochissimi contratti commerciali. Ciò proprio perché la disciplina contrattuale era già contenuta nel codice civile. La qualifica degli atti e dei contratti (in generale) come commerciali compariva nel codice del 1807 principalmente per determinare chi era il commerciante, titolare di uno statuto specifico. Il raddoppiamento normativo dei sistemi delle obbligazioni e dei contratti (uno civile, l'altro commerciale) è più evidente in altri Paesi, anche dopo la codificazione civile[2]. Grandi capitoli dei codici di commercio ottocenteschi erano, in particolare, lo statuto del commerciante, gli atti e contratti di commercio (ivi inclusi le lettere di cambio, cambiali e assegni, e le società commerciali), i fallimenti ed il commercio marittimo.


3. Tendenze nella direzione dell’unificazione del diritto privato

Durante il secolo XX e l'attuale si è andato assistendo alla "generalizzazione" o "comunizzazione" di istituti tradizionalmente giuridico-commerciali ed originariamente utilizzati solamente da o per commercianti o per il commercio. Si pensi, ad esempio, alle lettere di cambio (utilizzabili da non commercianti e per operazioni non commerciali), alle società (i tipi delle società commerciali possono essere adottati per l'esercizio di attività non commerciali), alle assicurazioni (utilizzabili anche in relazione a cose e persone al di fuori dell'ambito commerciale), al fallimento o all'insolvenza (in diversi Paesi ha cessato di essere un istituto esclusivo dei commercianti), ai segni distintivi del commercio (ditte, loghi, marchi utilizzabili anche da non commercianti, compresi non imprenditori), alle scritture contabili cosiddette commerciali (estese, anche grazie al diritto tributario, a non commercianti), al cosiddetto registro commerciale (in cui si dà ugualmente pubblicità anche a fatti riguardanti non commercianti), agli interessi "commerciali" (applicabili anche a crediti di cui siano titolari "imprese" non commerciali). La tendenza all'unificazione si verifica allo stesso modo nel diritto dei contratti. In realtà, la maggior parte della disciplina applicabile ai contratti commerciali (disciplinati o meno dal codice di commercio) è di diritto comune: si applica loro ampiamente il regime generale dei negozi giuridici, delle obbligazioni e dei contratti; buona parte delle norme specifiche dei diversi tipi contrattuali civili è ugualmente applicabile agli omologhi contratti commerciali. Inoltre, vi sono contratti regolamentati nella sola legge commerciale, senza che si dia luogo, pertanto, ad una contrapposizione tra regime comune e speciale. E tra i contratti con regolamentazione specifica tanto nella legge civile come in quella commerciale le divergenze sono via via venute diminuendo. Riprendo qui le conclusioni che esposi in altra occasione, come manifesto contro la "riaffermazione" dell'autonomia del diritto commerciale come diritto dei contratti commerciali come "contratti d'impresa"[3]: "(a) la borghesia commerciale e finanziaria, prima, e industriale, poi (classe un tempo rivoluzionaria…) creò principi e regole speciali dei contratti (commerciali) a fronte di quelli di diritto "comune", quando le furono necessari; (b) tali principi e regole si diffusero negli ambiti del [...]


4. Codici commerciali e decodificazione

Fenomeno degno di nota in molti paesi con codici commerciali è stata la decodificazione - l'uscita da tali codici di diversi ed importanti capitoli. Decodificazione coerente con la segnalata generalizzazione o comunizzazione del diritto commerciale, la crescente complessità e lo sviluppo di diversi settori normativi (sulle orme dello sviluppo dei corrispondenti settori dell'attività economica) e, talvolta, la regolamentazione internazionale. I capitoli che escono dai codici commerciali vanno formando nuovi codici o leggi speciali di maggiori dimensioni ed aggiornati, gli uni e le altre andando a costituire microsistemi con oggetto specifico e propri principi[8]. Il macrosistema del diritto commerciale appare allora come forza centrifuga e frammentatrice. E i microsistemi perdono i vecchi referenti (commercianti, atti di commercio) o li rendono insignificanti. Illustriamo brevemente il fenomeno nell'esperienza portoghese. Varie materie che si trovavano nel Código Comercial sono oggi in codici autonomi: Código das Sociedades Comerciais, Código dos Valores Mobiliários, Código do Registo Comercial, Código da Insolvência e da Recuperação de Empresas. E in leggi speciali: ad esempio dei titoli di credito, delle cambiali e degli assegni, delle assicurazioni, del commercio marittimo, delle ditte e denominazioni, delle scritture contabile. Dei 749 articoli che il Código Comercial aveva quando venne alla luce, ne residuano 222 (molti dei quali non nella formulazione originale)[9]. L'esperienza portighese è parallela a quella di altri paesi. Si intende pertanto la sopravvivenza a varie latitudini, nel XXI secolo, di codici commerciali ottocenteschi: sopravvivono, ma scheletrici, quasi in transito, giacché la regolamentazione delle attività economiche più dinamiche che in essi era accolta è emigrata verso altri lidi e lì ha prosperato - senza una volontà di visitare nuovamente la vecchia casa, ma anche senza la necessità di demolirla.


5. Tra l’unificazione del diritto privato e la decodificazione: spazio per la (ri)codificazione commerciale?

Per il materiale giuridico che è o sta per essere sostanzialmente unificato, ma continua duplicato in codici o leggi commerciali e in codici o leggi civili, sembra auspicabile la concentrazione in questi ultimi. Ricordo a tale proposito le materie del diritto delle obbligazioni e dei contratti. D'altra parte, il fenomeno della decodificazione commerciale è venuto per restare. La coerenza problematico-sistematica dell'oggetto e delle soluzioni supporta l'autonomizzazione formale (in codici e leggi specifici), per esempio, del diritto delle società, del diritto della navigazione marittima e aerea, del diritto dell'insolvenza (con dimensioni sostanziali e processuali), del diritto dei valori mobiliari e degli strumenti finanziari, della banca e delle assicurazioni (questi tre tutti con una importante dimensione "istituzionale" di supervisione e regolamentazione), del diritto delle scritture contabili. La stessa coerenza giustifica l'autonomia legislativa di rami giuridici come il diritto della (cosiddetta) proprietà industriale e il diritto della difesa della concorrenza, entrambi di norma integrati nel diritto commerciale o ad esso associati - nonostante siano applicabili sia a commercianti che a non commercianti, imprenditori e non imprenditori (e a ciò non osta la consacrazione del vocabolo "impresa" - in senso soggettivo - per designare i destinatari della disciplina della concorrenza[10]). Di conseguenza, ciò che eventualmente residui, tra la tendenza per l'unificazione del diritto privato e la decodificazione commerciale (ad esempio, lo statuto dell'imprenditore commerciale individuale e la disciplina di diritti e negozi sull'azienda), pare molto poco per alimentare un nuovo codice commerciale - si ricordi nuovamente il codice civile italiano, che giustamente ha visto l'integrazione di tali materie. Tuttavia, in tempi recenti si sono verificate alcune esperienze e proposte di (ri)codificazione commerciale (o qualcosa di simile). Nel 2000 è stato approvato il Code de Commerce francese. Si tratta tuttavia, essenzialmente, di un codice di compilazione/concentrazione in un solo testo di legislazione extravagante - molta che già aveva sostituito parti del codice del 1807[11], altra che veniva ad essere considerata come commerciale, nonostante fosse applicabile anche a soggetti non qualificabili come commercianti e ad atti giuridici non specifici del commercio. Lo Unternehmensgesetzbuch (Codice [...]


6. Per altre conversazioni

Quando finisce un codice di commercio, non finisce il diritto commerciale. Persa l'autonomia formale o legislativa, non si perde, perlomeno, l'autonomia didattica e di ricerca di questo diritto - che si continui a definirlo come diritto commerciale o passi ad essere designato diritto (privato) del(dei) mercato (mercati) o, come preferisco, diritto delle imprese[16]. Pur potendosi discorrere sulla autonomia sostanziale del diritto commerciale (o delle imprese, ecc…)[17], per mancanza di un criterio unitario di delimitazione o di un nucleo materiale di riferimento (senza una stella, i vari pianeti normativi hanno la medesima luce), i commercialisti (o gli imprenditorialisti, ecc…) possono trovare molto nei fondamenti storici del diritto dei settori economico-imprenditoriali; partendo da là, hanno molto per presentare, relazionare, confrontare, selezionare e pensare globalmente la nebulosa giuridico-commerciale (o giuridico-imprenditoriale, ecc…).[18] Ma si tratta di questioni per altre conversazioni.


NOTE